Ho trovato perlomeno curioso il vivace dibattito sulle colonne de laRegione che ha seguito la pubblicazione del contributo intitolato ‘Realtà e retorica del debito pubblico’. Nel giro di pochi giorni, dapprima un deputato Udc, in seguito addirittura un senatore del Centro e infine i presidenti della Camera di commercio e di Aiti hanno voluto replicare agli autori Spartaco Greppi e Christian Marazzi. Attingendo tra l’altro ampiamente alla metafora del “buon padre di famiglia” e probabilmente non accorgendosi così di fornire involontariamente un ottimo esempio di cosa intendessero i due economisti quando parlavano di “retorica del debito pubblico”. Solitamente gli stimoli scientifici non suscitano grandi reazioni da parte dei politici e degli ambienti economici. Non ricordo particolari repliche all’annuncio che il rischio di povertà in Ticino sia in continua crescita, il più alto in Svizzera, o all’annuncio che gli stipendi in Ticino rimangano nettamente i più bassi.
Evidentemente i due economisti questa volta hanno colto nel segno. Tanto da suscitare l’immediata reazione di due differenti espressioni della destra-destra, quella populista-sovranista e quella popolar-neoliberista, a cui si sono uniti gli attuali vertici delle associazioni economiche, che hanno recentemente intensificato una chiara offensiva di carattere politico. Non toccate il totem dell’esplosione del debito pubblico! Non toccate l’immagine della rana che esplode. Non toccate la retorica della paura per il futuro delle giovani generazioni, schiacciate dal debito pubblico. E non da quello privato di chi non arriva alla fine del mese, si badi bene.
In politica spesso si vince cavalcando e fomentando le paure. E quella del debito pubblico è certamente una di quelle più in voga in questo cantone. Un vero e proprio mantra, una litania ripetuta all’inverosimile tanto che, per dare un tocco vintage al coro, c’è chi non ha esitato a riesumare addirittura Marina Masoni, redenta negli anni dagli scandali di Villalta e del Fiscogate. Se due qualificate voci osano cantare fuori dal coro e mettere in dubbio la narrazione dominante, diventa quindi inevitabile l’immediata reazione, non tanto sul piano delle argomentazioni economiche, ma dal punto di vista politico. Del resto, si tratta di “buon senso”, suvvia: quello che funziona per genitori e imprenditori, deve per forza essere valido anche per lo Stato. Non servono grandi teorie. Il rigore contabile a brevissimo termine deve venire prima di tutto. Pessima idea in politica avere una visione a medio-lungo termine.
Al di là dell’ironia, in realtà l’azione politica basata sulla paura, che sia la paura dello straniero o quella della retorica allarmista e irresponsabile del debito pubblico, è molto pericolosa: alla fine c’è infatti il rischio che la profezia si avveri. Se il dibattito è dominato da un racconto che invoca di continuo l’emergenza, se la classe politica sostiene che si va dritti contro il muro del debito, o dà l’impressione di essere incapace di gestire le finanze pubbliche, gli investitori possono davvero iniziare a considerare il Cantone come un rischio maggiore. Non tanto perché i fondamentali economici cambiano – le fragilità restano come ben sappiamo, mancando una politica economica e industriale seria – ma perché l’instabilità politica, le riforme fiscali azzardate e i tagli sconsiderati rendono più incerto il quadro futuro. Insomma, è in gioco la credibilità finanziaria e politica del Cantone. Con l’allarmismo infondato sul debito pubblico si mina la fiducia dei mercati finanziari, si fornisce un pretesto per lo smantellamento dei servizi pubblici e dello Stato sociale e si indebolisce politicamente ed economicamente il Cantone. Autolesionismo e un progetto strategico consapevole. Ecco cosa abbiamo di fronte.
Dalla politica e dai politici non abbiamo bisogno di paure e instabilità, ma di coraggio, fiducia e di sincera volontà di investire veramente (anche risorse) nelle generazioni future. Affrontando beninteso anche la questione del debito pubblico, ma con un approccio equilibrato (la ormai dimenticata simmetria dei sacrifici) e non ideologicamente unilaterale orientato a smantellare il servizio pubblico, la protezione sociale, la redistribuzione della ricchezza e, purtroppo, rinunciando agli investimenti necessari per il futuro.
Articolo di Danilo Forini apparso su La Regione il 6 maggio