Il 25 novembre è una data che ci obbliga a guardare in faccia una realtà scomoda ma ineludibile: la violenza contro le donne continua a segnare la nostra società, nei suoi silenzi, nelle sue omissioni e nelle sue complicità quotidiane. Non basta indignarsi un solo giorno; serve un impegno costante, politico e concreto, capace di cambiare le condizioni che permettono alla violenza di prosperare.
In questo contesto, parlare di prendersi cura non è un semplice richiamo morale, ma un gesto profondamente politico. Significa investire nei servizi pubblici, rafforzare le reti di protezione e garantire che ogni donna trovi aiuto immediato e competente. Prendersi cura vuol dire riconoscere anche il valore del lavoro invisibile svolto soprattutto dalle donne nei luoghi domestici, nella sanità, nell’educazione e nel sociale: un lavoro fondamentale, troppo a lungo sottovalutato e non retribuito. La lotta contro la violenza e le disuguaglianze di genere è però un cammino collettivo. Richiede solidarietà, ascolto e la capacità di costruire alleanze ampie. Le mobilitazioni degli ultimi anni, in particolare quelle del 14 giugno, hanno dimostrato la forza di un movimento capace di cambiare – anche se lentamente – l’agenda politica del nostro Cantone. Non c’è giustizia sociale senza giustizia di genere, e non c’è progresso se metà della popolazione continua a essere esposta alla violenza, alla precarietà o alla discriminazione.
In questo scenario, la decisione dell’Unione Sindacale Svizzera, annunciata al recente Congresso femminista di Berna, di convocare un nuovo sciopero nel 2027 è un segnale importante. Se siamo ancora qui a rivendicare protezione, parità salariale, condizioni di lavoro dignitose e un riconoscimento pieno del lavoro di cura, significa che il lavoro fatto finora non è affatto sufficiente. Il 2027 dovrà essere una tappa decisiva, non una semplice replica del passato: un momento per affermare che il lavoro di cura deve essere una priorità politica nazionale, cantonale e comunale e un bene per tutta la società. Anche a Bellinzona possiamo fare la nostra parte. Costruire una comunità solidale significa rafforzare i servizi, sostenere chi è in difficoltà, formare chi opera nelle istituzioni e creare contesti in cui le donne non siano costrette a scegliere tra sicurezza e indipendenza economica. Significa contrastare gli stereotipi fin dall’infanzia e garantire ascolto, rispetto e protezione a chi subisce violenza. La violenza contro le donne è un fenomeno pervasivo e strutturale, che non conosce confini culturali, economici o geografici. Ogni territorio ha un ruolo da giocare: è nei comuni, nelle città, nei luoghi che abitiamo ogni giorno che si costruiscono le condizioni per una società più equa e attenta.
Articolo di Martina Malacrida, presidente e Martina Minoltetti Ornella Buletti co-vicepresidenti del PS Bellinzona, apparso il 26 novembre 2025 su Laregione