Pensando al termine “soglia” viene in mente quel gradino che rischia di far inciampare chi è in procinto di attraversare una porta. La soglia di sbarramento, di cui si discute in queste settimane nella nostra arena politica, prospetta all’orizzonte il rischio di inciampo della democrazia.
I fautori di questa specie di numerus clausus che andrebbe a regolare ulteriormente l’accesso al Gran Consiglio ticinese motivano la loro proposta con la necessità di rendere di nuovo operativo questo consesso e di farlo uscire dall’impasse in cui sarebbe finito a causa proprio dell’aumento della sua frammentazione. Il Parlamento cantonale viene descritto come immobile e poco progettuale, un luogo in cui si tengono dibattiti lunghi e inconcludenti. La descrizione in parte è veritiera, tuttavia il motivo per cui i temi importanti non vanno avanti non è la frammentazione politica attuale: ce ne sono altri. Il primo e più importante è lo stato attuale delle finanze, risultato di una politica fiscale autolesionista che a regime toglie operatività al Cantone per almeno 250 milioni di franchi all’anno. Ne consegue che non c’è più progettualità, che nelle commissioni ci si dilunga in discussioni sulla necessità di questa o quella proposta del Governo per poi concludere che non ci sono le risorse per realizzarla. Secondo punto: la trattazione dei dossier nelle commissioni stagna laddove essi sono legati ai grandi progetti istituzionali sui quali non c’è ancora chiarezza. Parliamo di Ticino 2020, del Piano cantonale delle aggregazioni, della riforma della giustizia, della strategia per la digitalizzazione. Terzo: quando in commissione solo una minoranza firma un rapporto frutto di un serio impegno di documentazione, redazione, ore di discussioni commissionali, la maggioranza si disimpegna e non finalizza il suo rapporto. Ne consegue che non si può andare in Gran Consiglio per il voto e il tema si arena. Sotto questo punto indichiamo anche il tergiversare per settimane, soprattutto da parte del Centro e della Lega, sulla posizione da adottare al momento della firma di un rapporto; sembra una sciocchezza ma ciò può protrarsi su più mesi. Infine, quinto, durante i dibattiti parlamentari raramente la lunghezza degli interventi è proporzionale al loro spessore: un po’ di autocontrollo al momento di andare al pulpito renderebbe le discussioni più efficaci e interessanti. Va detto che la legge sul Gran Consiglio oggi conferisce più strumenti di partecipazione alle forze politiche con 5 o più deputate e deputati.
Perciò siamo pronte a sostenere alcune proposte di modifica pendenti e avanzate dalle forze politiche che non fanno Gruppo per migliorare questa situazione. Vedremo al momento del voto come argomenteranno i fautori dell’introduzione di una soglia di sbarramento sul fatto che questa non sarebbe «contro i partitini»… Quanto agli aspetti positivi di una maggiore rappresentanza in parlamento, sono contenuti nell’appello che, come Ps, abbiamo sottoscritto: garantire i diritti democratici e dare spazio al dibattito politico. Sottolineiamo inoltre che, dal momento che le candidate donne sono più numerose sulle liste dei partiti minori o su quelle di nuovi movimenti politici, una soglia di sbarramento bassa che consenta loro di accedere più facilmente ai seggi, aumenta le possibilità di un parlamento in cui numericamente le donne abbiano più peso.
Articolo di Daria Lepori e Lisa Boscolo, granconsigliere PS, apparso su laRegione del 27 febbraio