Una politica xenofoba che crea pregiudizi

La strategia politica dei partiti conservatori di destra è sempre la stessa e visto il loro successo, come dargli torto. Non fosse che con l’attenuante di salvare i «nostri valori» dalle grinfie dello «straniero» stiano minando le preziose fondamenta della nostra società – creando nuovi conflitti e limitando le nostre libertà fondamentali.

Così, come nel 2009 si parlava di minareti, oggi, dopo le diverse discussioni a livello cantonale, si torna a parlare di velo integrale. Simboli più unici che rari e generalmente innocui alle nostre latitudini, ma che si prestano bene al collegamento con il terrorismo internazionale e l’oppressione femminile e possono facilmente mobilitare e trarre in inganno il «popolo», soprattutto se a strumentalizzarli ci sono partiti con molto denaro e senza scrupoli.

Sì, perché se avessero avuto un minimo di coscienziosità, si sarebbero ben guardati dal voler inserire nella Costituzione un divieto d’abbigliamento, che limita diverse libertà fondamentali e l’autonomia dei Cantoni, senza che ci sia un interesse pubblico. Per i fini di sicurezza e contro la coazione esistono, infatti, già delle leggi. Inoltre, dal punto di vista del velo integrale, un divieto non porterà a liberare le eventuali donne che lo indossano per obbligo, ma le punirà e isolerà ulteriormente.

A detta di iniziativisti e sostenitori: «Mostrare il viso è un principio fondamentale della nostra società» e «il numero di persone con il burqa non è elevato, ma bisogna prevenire». Disgraziatamente per loro è arrivata una pandemia a confutare quanto sostengono. Perché non sono di certo state le mascherine a impedire la convivenza o a minacciare la sicurezza. E, ahiloro, anche per quanto riguarda lo spauracchio del terrorismo ci sono dati contraddittorii. L’esperienza francese, anche se ben lontana dalla nostra, dimostra infatti che nonostante il divieto di dissimulazione del viso, il problema degli estremismi rimanga irrisolto. Mentre un’esperienza ben più simile alla realtà svizzera, ovvero quella ticinese, conferma che quello sollevato dall’iniziativa è un non-problema: dal 2016 si contano infatti solo una sessantina di infrazioni, riguardanti per metà hooligans e per metà donne musulmane, soprattutto turiste. Cifre irrilevanti, soprattutto se comparate con quelle della violenza domestica, che nel 2019 in Svizzera ha raggiunto quasi 20.000 reati.

Ora sta a noi toglierci il «velo» di paure con il quale da anni i suddetti partiti ci coprono gli occhi e dire no alla loro politica simbolica e xenofoba. Una politica che oltre a essere inutile e sproporzionata, è anche pericolosa per i nostri diritti fondamentali e controproducente, poiché non fa altro che alimentare pregiudizi nei confronti delle persone di fede islamica, favorendo così la radicalizzazione.

Nancy Lunghi, copresidente Coordinamento Donne della Sinistra. Articolo apparso sul Corriere del Ticino del 19 febbraio

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