Sono i livelli l’origine dei problemi

Il collega Franco Celio – ex insegnante, come me – in un suo scritto apparso il 17 febbraio scorso sul vostro giornale, afferma che i socialisti vogliono abolire i livelli in III e IV media perché sono contrari alla selezione precoce degli allievi. Fin qui sono perfettamente d’accordo con Franco Celio, ci mancherebbe. Il termine “selezione” è effettivamente una parolaccia (e non solo per i socialisti) se si applica, come in questo caso, a dei dodicenni nel pieno della loro evoluzione. Dodicenni che si trovano, già in seconda media, a doversi conquistare quel mezzo punto in più per evitare la retrocessione in serie B, quando la partita non è nemmeno cominciata. Fuor di metafora, è stato detto in lungo e in largo che gli allievi dei corsi B sono sempre più respinti dal mondo del lavoro e faticano a trovare un inserimento professionale. Le conferme non mancano. Il quotidiano “La Regione” il 19 gennaio scorso scriveva: “La SIC Ticino denuncia il fatto che i giovani che hanno frequentato i corsi base spesso non entrano neppure nella selezione delle aziende. Questo malgrado possano avere attitudini, motivazioni competenze adeguate a un inserimento in un tirocinio”. Lo confermano anche le parole di tanti, troppi genitori. Lo dimostra la lunga storia della scuola media che vede, dal 1974 in poi, le varie forme di separazione nella scuola dell’obbligo cedere il passo a forme di insegnamento più integrative e più arricchenti. Visto che separare precocemente gli allievi per collocarli in due compartimenti – i “meno bravi” e i “più bravi” – non serve più neanche all’orientamento professionale, lascia molto perplessi la decisione di quella sparutissima maggioranza del Parlamento che si ostina a mantenere in vita un sistema che ha delle falle riconosciute e criticate da più parti. A maggior ragione stupisce se pensiamo che di strumenti efficaci per abbandonare i livelli ce ne sono. Sono i “laboratori”, ossia classi con solo 8/10 allievi ciascuno. Il collega Franco Celio, sbrigativamente, li considera soltanto un espediente sindacale per assumere docenti, e magari stranieri per colmare il bisogno. Ma non è così. Già oggi la scuola media è strutturata in corsi A e B, quindi la creazione dei Laboratori non aumenterebbe di molto la richiesta di insegnanti, mentre ci guadagnerebbe parecchio la qualità dell’apprendimento, come è successo da quando, 18 anni fa, sono stati implementati i laboratori in italiano e in scienze naturali. L’ipotesi ventilata dal Collega è sbagliata e mi preme ribadirlo, perché ogni ragionamento sull’organizzazione della scuola pubblica – il nostro patrimonio comune, fieramente difeso dal popolo vent’anni fa – deve fondarsi esclusivamente sul rispetto della Legge della scuola, su solidi studi di pedagogia e didattica e su esperienze concrete.

Articolo di Daniela Pugno Ghirlanda, granconsigliera PS apparso sul Corriere del Ticino il 21 febbraio 2022

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