Servizio pubblico nuovamente sotto assedio

Recentemente, l’UDC, insieme a diversi esponenti di Lega, PLR e Centro, ha lanciato una nuova iniziativa popolare intitolata “Stop all’aumento dei dipendenti cantonali”. Questa iniziativa chiede di fissare il numero di dipendenti pubblici a un massimo dell’1,3% della popolazione residente in Ticino, prevedendo così una diminuzione di 580 impieghi pubblici a tempo pieno, pari al 10% del totale, esclusi docenti e personale OSC.

Chi sostiene questa iniziativa probabilmente vede il servizio pubblico come un’impresa privata orientata al profitto, che in caso di necessità deve stringere la cinghia per far quadrare i conti. Il servizio pubblico, però, è tutt’altro. L’amministrazione cantonale, così come tutti gli enti para-pubblici, è un’entità al servizio della popolazione, che eroga servizi fondamentali per tutti, soprattutto in momenti di necessità.

Spesso, si percepisce un certo timore o distacco dallo “Stato”, visto come un’entità separata che ci controlla, riscuote tasse e non restituisce nulla. È quindi doveroso ribadire il ruolo essenziale che esso ha in una società: lo Stato è servizio pubblico, quella “cosa” che ci garantisce i servizi necessari per condurre una vita dignitosa – dall’acqua nelle case, all’elettricità, dalle strade per spostarci liberamente, alle infrastrutture, fino all’istruzione e alla sanità e, in caso di bisogno, al sostegno finanziario per chi non riesce a vivere con dignità in questo Cantone. Tutto questo è possibile solo grazie a una struttura forte, resiliente e dotata delle risorse adeguate.

Per funzionare, lo Stato necessita di personale. Definire in modo arbitrario un tetto massimo di personale per l’Amministrazione Cantonale significa disallineare il servizio pubblico dalle esigenze della popolazione.

Il fatto che in Ticino abbiamo il 33% di dipendenti pubblici in più rispetto agli altri cantoni potrebbe suggerire che, vista la nostra situazione socioeconomica, necessitiamo di una maggiore presenza di un servizio pubblico forte. Un taglio lineare dei dipendenti pubblici, senza considerare le reali esigenze della popolazione, equivarrebbe a ignorare le oltre 350.000 persone che vivono in Ticino e che qui vogliono continuare a vivere con dignità.

La visione promossa dalla destra, che tratta lo Stato come un’azienda privata, applicando calcoli contabili per far quadrare i bilanci, non solo è sbagliata ma anche estremamente pericolosa. Siamo il cantone con gli stipendi più bassi della Svizzera e con l’aumento dei premi delle casse malati più alto degli ultimi anni. Il rischio che si cela dietro questa manovra politica e populista è ritrovarsi in un Cantone in cui lo Stato non è più in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze della popolazione. In Ticino sempre più persone e famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese e sempre di più si manifesta la necessità di ricorrere a delle prestazioni sociali erogate dal Canone, come ad esempio i sussidi di cassa malati. Meno personale preposto a questo tipo di lavoro si traduce in più attesa e maggior incertezza per accedere agli aiuti cantonali. Questo scenario si concretizzerebbe soprattutto con una proposta del genere che non definisce dei parametri per una possibile revisione della spesa. Il rischio maggiore è che a pagarne le conseguenze sarà nuovamente la fascia più fragile della popolazione.

Articolo di Niccolò Mazzi-Damotti, Direzione PS Ticino, apparso su laRegione del 5 novembre

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