Cosa significa “un approccio troppo ideologico?” Come migliorare la scuola senza proporre una visione basata sulle idee? Sentire il presidente del Partito liberale che ancora utilizza la strategia di tacciare di “idealista” – chiaramente nella sua accezione più negativa e fuorviante dell’etimologia di questo termine – chi non va nella sua direzione, non credo faccia bene (e neanche rima) all’innovazione scolastica.
Le critiche alla scuola inclusiva mosse dal Partito liberale sono fondate su un documento realizzato dal Partito liberale nazionale che accusa, per il tramite della scuola, una Svizzera troppo accogliente e non performante. Mi pongo tre domande leggendo queste prese di posizione e queste paure: come si può analizzare la ‘scuola inclusiva’ svizzera, i suoi risultati, considerato che la scuola ha una legiferazione cantonale? Le realtà scolastiche e sociali cantonali sono così diverse tra loro che occorrerebbe forse un po’ più di prudenza prima di fare un unico discorso.
Cosa significa che “la scuola non può raddrizzare tutto”? Ci sono delle bambine, dei ragazzi che sono da raddrizzare? Quali sono i parametri di norma richiesti per essere considerati “dritti”? O storti?
Chiedere alla scuola di cambiare perché non prepara al mondo fuori, in cui i giovani e le giovani “si scontrano con una realtà a cui spesso non sono preparati. E che può risultare traumatica”, mi pare il male peggiore di tutti questi pensieri.
Non sarebbe più adeguato non caricare la scuola di ulteriori compiti e provare a migliorare la nostra società, il nostro mercato del lavoro, affinché tutto non sia solo competitività e prestazioni, permettendo così a tutte le persone, ognuna con le sue risorse e i suoi limiti, di avere un posto dignitoso nel mondo? Senza sconti né pietà? Ma neanche, senza sensi di colpa.
Dietro a queste critiche si cela, da un lato, un’evidente confusione in termini sociologici e pedagogici e, dall’altro, una chiara lotta di stampo partitico.
A chi sostiene questo documento pongo un’ultima domanda: vi siete mai chiesti chi c’è al centro di questo dibattito? Non c’è un partito, anzi, non c’è nemmeno la politica: vi sono centinaia di ragazze e ragazzi e altrettante famiglie che ogni giorno cercano di fare il loro meglio per vivere appieno il loro diritto a una formazione, per crescere, insieme alle loro compagne, insieme ai loro vicini di casa, e trovare, poi, il loro posto nel mondo. Faticando magari, avendo bisogno di più sostegni, ma questo non li rende e non le rende giovani di seconda categoria, alunne e alunni che disturbano il buon funzionamento di una scuola. Se ci si sente minacciati da chi ha bisogni educativi particolari, allora c’è un problema molto più grosso a monte. E questo è grave. È grave poiché attraverso questi attacchi si portano genitori di bambine e bambini con bisogni particolari, a sentirsi in colpa, evitando magari di chiedere gli aiuti necessari o togliendo i figli dalla scuola pubblica. Questo è lo smantellamento dell’idea stessa di scuola pubblica voluta tanti anni fa proprio da numerosi liberali.
Articolo di Michela Luraschi, consigliera comunale di Bellinzona apparso su La Regione il 3 settembre 2024