Scendere in piazza e lanciare un messaggio

Diversi amici mi dicono sconsolati: combattete una battaglia persa, le maggioranze sono già fatte, sgravi fiscali e tagli passeranno e d’altra parte lo hanno detto anche elettrici ed elettori. La rassegnazione è il male peggiore.

Scendere in piazza il 22 novembre a Bellinzona non è un esercizio retorico, una sfilata di bandiere, un rosario di slogan. Vogliamo che le voci della protesta ragionevole contro sgravi fiscali che le nostre finanze non possono permettersi arrivino alle orecchie di chi va avanti su questa strada senza curarsi di chi lascia indietro, ovvero le famiglie e le persone che perderanno i sussidi di cassa malati, gli utenti delle associazioni che lavorano per i più deboli (gli invalidi, gli anziani, i giovani dal futuro incerto), che vedranno ridurre i servizi, perché i tagli li colpiranno indiscriminatamente.

La piazza è un luogo di incontro e quel giorno dirà con forza le proprie convinzioni. Manifestare serve anche a lanciare un messaggio a chi non può o non vuole manifestare, perché ha altre preoccupazioni, soffre in silenzio, si tiene per sé l’indignazione. Le cifre di sgravi e tagli sono impietose e sono chiare: ci guadagna chi non ha bisogno, ci perde chi è già in difficoltà.

Cambiare le maggioranze è possibile se si dimostra con i fatti che l’opposizione non è solo di donne e uomini che fanno politica o attività sindacale, ma delle migliaia di cittadine e cittadini che subiscono una situazione che diventa sempre più insostenibile.

Articolo di Maurizio Canetta apparso sul Corriere del Ticino il 21 novembre

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