Sblocchiamo i freni dei Comuni

Se da una parte si promuove la produzione di nuova energia elettrica rinnovabile grazie alla tassa di rete in parte riversata per la realizzazione di impianti fotovoltaici (Fv) sussidiati con un contributo unico che si avvicina al 20% del costo dell’investimento, dall’altra l’energia immessa in rete da questi impianti viene penalizzata da politiche improntate al profitto da parte delle aziende elettriche di distribuzione (pubbliche).

Aziende di distribuzione di proprietà di Comuni i quali oltre ad incassare dividendi o utili maturati sulla vendita di energia elettrica rinnovabile addebitano ai consumatori (tramite le aziende) tasse comunali in modo discriminante sull’energia elettrica indistintamente se da fonti rinnovabili o no.

Aziende elettriche che approfittano doppiamente della nuova produzione fotovoltaica decentralizzata rivendendo questa energia applicando tasse di trasporto per tutti i 7 livelli di rete malgrado non utilizzi 6 dei 7 livelli di rete. Di conseguenza si costruiscono impianti Fv piccoli mirati a massimizzare l’autoconsumo e minimizzare gli esuberi da immettere in rete. Impianti Fv mini che non sfruttano appieno la superficie disponibile sui tetti perdendo grandi potenziali di produzione Fv realizzabile a bassi costi marginali. Si arriva perfino a investire in ineconomiche e inefficienti batterie a domicilio invece che in pannelli fotovoltaici.

Da una parte si promuove e sussidia il Fv (grazie a tasse incentivanti pagate dai consumatori) dall’altra lo si frena con retribuzioni che non coprono i costi. Oltre agli utili delle aziende abbiamo le tasse di concessione o uso del suolo pubblico che i Comuni incassano tramite le aziende di distribuzione dai consumatori sulla vendita di energia elettrica.

Utili e tasse discriminanti a favore dei Comuni che rincarano il costo dell’energia elettrica (2 a 3 ct/kWh) sfavorendo la transizione verso impianti di riscaldamento a pompa di calore, tasse locali che non vengono applicate alla distribuzione del gas favorendo così un vettore energetico importato e fossile per rapporto all’energia elettrica di regola rinnovabile e di produzione locale.

Gas che già a livello superiore, federale, è tassato in misura minore 1.7 ct/kWh (tassa CO2) per rapporto all’energia elettrica 2.3 ct/kWh (tassa di rete). Condizioni che frenano lo sviluppo del Fv e delle pompe di calore, in aperto contrasto con le politiche energetiche federali che mirano a più rinnovabile, più efficienza energetica e meno CO2, e che vanno corrette. Servono a poco sussidi iniziali se poi le condizioni di acquisto dell’energia prodotta dal Fv o i prezzi dell’energia consumata da riscaldamenti a pompa di calore sono penalizzanti.

In questo senso i Comuni se proprio vogliono fare politica energetica con i fatti e non solo declamando Label Energia, sblocchino i freni al fotovoltaico e ai riscaldamenti a pompa di calore, rinunciando, come per i servizi acqua potabile e depurazione delle acque, agli utili sull’energia elettrica, e alla tassa uso suolo pubblico sulla rete elettrica (come per le condotte gas, acqua potabile, canalizzazioni, Swisscom o Cablecom). Tra l’altro la tassa uso suolo pubblico è messa in dubbio anche dal sorvegliante dei prezzi Signor Meierhans. Sulla questione “Ostacoli allo sviluppo della produzione fotovoltaica e dei riscaldamenti a pompa di calore a livello di distribuzione di energia elettrica e di politica locale” ho presentato un postulato 21.3778 al Consiglio Federale.

Articolo di Bruno Storni, apparso su La Regione il 22 giugno

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