Dopo il doppio “sì” alle urne sui premi di cassa malati, il popolo ha parlato con chiarezza: la sanità deve restare accessibile, equa e sostenibile per tutti. È stato un voto di fiducia verso la solidarietà, ma anche un avvertimento alla politica. Eppure, mentre i cittadini chiedono giustizia e uguaglianza, il nostro Cantone sembra imboccare una via opposta: quella che conduce a una sanità a due velocità, dove il pubblico soffoca e il privato ringrazia.
Nel nome del contenimento dei costi, l’Ente Ospedaliero Cantonale si trova oggi confrontato con difficoltà e tagli, mentre cliniche e studi privati, protetti dal muro della legge federale, continuano a operare con margini di profitto e libertà gestionale che il settore pubblico può solo sognare. Così si indebolisce progressivamente la colonna vertebrale della sanità cantonale.
Non serve guardare lontano: l’esempio lombardo mostra un sistema spaccato, con un pubblico sottofinanziato e un privato efficiente ma selettivo, dove la salute si misura in base al reddito. Questo rischio si sta affacciando anche sul Ticino. La fuga dei medici verso il privato non è più un’ipotesi, ma una realtà silenziosa. Quando le risorse mancano e le condizioni peggiorano, chi può se ne va. Il pubblico si svuota, lentamente ma inesorabilmente. Il problema non è solo economico, ma etico: come può lo Stato difendere il bene comune se alcuni decisori siedono anche nei consigli di cliniche o casse malati? Ogni conflitto d’interessi mina la fiducia dei cittadini e indebolisce il servizio pubblico.
La sanità pubblica non è un costo, ma un investimento nella coesione e nella dignità collettiva. Difenderla oggi non è un atto di nostalgia, ma di coraggio politico.
La domanda, ora, è semplice ma inevitabile: da che parte vuole stare il Cantone?
Articolo di Hachem Tahir, PS Bellinzona, apparso il 22 ottobre 2025 su LaRegione