Con un voto chiaro che ha sconfessato il rapporto di maggioranza commissionale il Parlamento ticinese ha accolto l’iniziativa popolare costituzionale Salviamo il lavoro in Ticino! lanciata dai Verdi e sostenuta dal Partito Socialista. Il rapporto della relatrice Raffaella Martinelli Peter è così stato accolto con ben 38 voti favorevoli 27 contrari e 4 astensioni.
Il Partito Socialista si dice ampiamente soddisfatto dell’asito del voto e del trasferimento del diritto a un salario minimo dall’ambito degli obiettivi sociali (puramente declamatori) della Costituzione cantonale a quello giustiziabile dei diritti sociali e come tale vincolante per lo Stato.
Con questo voto il Ticino segue il cammino tracciato negli scorsi mesi dai Cantoni Neuchâtel e Giura e si pone in prima fila nella difesa del lavoro per i propri cittadini. Come noto il Ticino è il Cantone svizzero maggiormente sottoposto alla pressione del dumping salariale legato alla prossimità con l’area di confine italiana e alla spregiudicatezza di molti troppi imprenditori nostrani.
Il Partito Socialista alieno da ogni atteggiamento xenofobo si è sempre battuto per la generalizzazione dei contratti collettivi di lavoro unica vera soluzione contro il ricorso speculativo a manodopera confinante e non si sorprende che l’avversione a questa iniziativa progressista sia giunta da ambienti liberali e democentristi e dalla maggioranza del PPD che a parole si dicono preoccupati per la deriva del lavoro che penalizza i ticinesi ma poi nei fatti ostacolano le misure davvero efficaci per farvi fronte.