Salario minimo: sociale prima che sindacale

Tutti i salari in Ticino devono permettere ai residenti di vivere sopra alla soglia di povertà! Sembra un’esclamazione ovvia e che rispecchia pacificamente la volontà popolare espressa ormai diversi anni or sono sul tema dei salari minimi.

Oggi però non è così e i tre soci fondatori di TiSin hanno avuto perlomeno il merito di aprirci gli occhi sul fatto che non sarà forzatamente così nemmeno nel prossimo futuro.

Il contratto farlocco confezionato dal discutibile “sindacato” di area leghista con le tre ormai famose ditte del Mendrisiotto prevede anche salari lordi a tempo pieno attorno ai fr. 2’700.- al mese. Come dire: – Via libera! È possibile, anzi è conveniente assumere solo frontalieri –. Si sdoganano così salari minimi letteralmente da fame e allo stesso tempo l’idea che sia possibile e vantaggioso abbassare qualsiasi salario a livelli molto inferiori rispetto allo standard svizzero.

Ebbene sì, è soprattutto a causa di questo tiro al piccione sui salari (minimi e non), se gli artigiani, gli impiegati di ufficio, quelli di banca, gli informatici, gli architetti, gli infermieri, i docenti, i funzionari pubblici, i giornalisti, se noi tutti siamo pagati in Ticino almeno 1’000.franchi al mese in meno che nel resto della Svizzera. Ormai ci sembra normale e inevitabile ricevere una busta paga molto più leggera che a Delémont, a Frauenfeld e che a Niederbipp. Forse crediamo davvero alla favola che nel Luganese o nelle altre regioni del nostro cantone la vita costi davvero meno che nel canton Turgovia, per dirne una? Di sicuro, non ci credono più molti giovani che ormai rinunciano a rimanere o tornare a lavorare in Ticino.

Le trattative tra le parti sociali e i Contratti collettivi di lavoro (Ccl) sono la via principale per provare a riportare le retribuzioni del lavoro in Ticino ai livelli salariali svizzeri. Occorre salvaguardare la legittimità e l’importanza delle trattative paritetiche per regolare in generale il mondo del lavoro. I salari minimi invece sono una questione legata al diritto sociale di vivere del proprio lavoro vivendo in Ticino sopra la soglia della povertà. Che si tratti di una questione sociale prima che economica lo ha indicato del resto il Tribunale Federale nella sentenza inerente alla soglia del salario minimo in vigore nel canton Neuchâtel.

Il Minimo vitale non è un concetto economico negoziabile. Non esiste una povertà accettabile. Per definizione il Minimo vitale non ammette di essere superato: altrimenti non chiamiamoli più salari minimi.

Ben vengano gli sforzi nel breve dei rappresentanti seri della politica e del mondo economico e sindacale, ben venga lo sforzo del Dfe di superare il pasticciaccio promosso da TiSin. Ma sarebbe un ulteriore cerotto, necessario quanto precario.

Se la questione è sociale e civica, occorre tornare al voto per cambiare la Costituzione eliminando qualsiasi scappatoia legata ai Ccl in materia di salari minimi e fissare chiaramente il diritto di chi lavora di raggiungere (almeno) il limite fissato dalle Prestazioni Complementari Avs/Ai.

Articolo di Danilo Forini, apparso su La Regione il 27 settembre

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