Riforma III: non ripetiamo gli stessi errori

di Henrik Bang
deputato PS in Gran consiglio

Concedere semplicemente sgravi fiscali a pioggia a tutte le imprese indistintamente, comprese quelle che praticano dumping, che sostituiscono il personale residente e che favoriscono la precarizzazione del lavoro, non aiuterà certo a favorire gli auspicati insediamenti imprenditoriali di qualità in Ticino e a migliorare l’occupazione, contrariamente a quanto scrive lunedì 9 gennaio il consigliere di Stato Christian Vitta su ‘laRegione’. Ridurre le imposte servirà solo ad attirare più “pseudoaziende” che, in assenza di filtri di criteri qualitativi, sarebbero principalmente aziende interessate unicamente ai benefici fiscali, allo sfruttamento della manodopera a basso costo d’oltre confine, e che non avrebbero nessun legame con la nostra storia e il nostro territorio.

Negli ultimi anni il Ticino è sempre stato ai primi posti nella classifica per la creazione di imprese e posti di lavoro, ma questo non è riuscito né a riorientare il tessuto economico del cantone, né a riassorbire i bancari lasciati a casa dalla crisi del settore finanziario, anzi: la disoccupazione Ilo è raddoppiata, la sottoccupazione pure e i casi di dumping si sono estesi a tutti i settori, compreso il terziario, non risparmiando neppure professioni che richiedono una formazione molto elevata come architetti, ingegneri, informatici ecc.

Stiamo ripetendo gli stessi errori del passato: con la legge sull’innovazione economica abbiamo attirato in Ticino a colpi di sgravi fiscali e aiuti aziende innovative dal punto di vista tecnologico, ma con salari e condizioni di lavoro che non hanno portato nessun beneficio né all’economia cantonale né ai lavoratori residenti. Chi non si ricorda, ad esempio, della famosa Pramac di Riazzino, che ha beneficiato di aiuti pubblici, ma ha assunto solo personale frontaliere a salari italiani? Alla fine è fallita lasciando solo i debiti e un capannone desolatamente abbandonato ai rovi. Quella legge ora, per fortuna, è stata modificata imponendo, almeno, criteri minimi per quanto riguarda i salari e la percentuale di manodopera di personale residente. Questi paletti nella riforma delle imprese III sono inesistenti perché saranno concessi copiosi sgravi, indistintamente, a tutte le imprese.

Anche il tanto declamato “valore aggiunto” non è garanzia di posti di lavoro di qualità: basti pensare a certi settori industriali quali l’industria farmaceutica o quella orologiera, dove i salari mediani, elargiti in Ticino, nel 2014 erano la metà rispetto a quelli svizzeri e dove la percentuale di dipendenti frontalieri raggiunge perfino l’80%.

Quel che è peggio è che questa Riforma III è completamente squilibrata: prevede copiosi regali per le grandi aziende che generano buchi milionari nelle casse pubbliche e che dovranno essere coperti con nuovi tagli e aumenti delle imposte per i cittadini. Negli ultimi anni sono stati tagliati ben 55 milioni di aiuti alle famiglie in difficoltà e di sussidi di cassa malattia, e questa Riforma non farà che peggiorare la situazione.

Non si può far pagare ai meno abbienti e alla classe media i privilegi milionari concessi agli azionisti e alle grandi imprese, soprattutto in un cantone dove il 27,9% della popolazione vive in un’economia domestica a rischio di povertà. Votiamo No il 12 febbraio ai tagli al sociale e alla Riforma III e rimandiamo il progetto al Parlamento federale perché trovi un compromesso che tenga conto della gente comune, non solo di quelli che già sono privilegiati.

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