Referendum finanziario obbligatorio: due volte NO

Tra le votazioni popolari del 26 settembre figura quella sull’iniziativa costituzionale depositata dalla destra menostatista ticinese, che è denominata «Basta tasse e basta spese, che i cittadini possano votare su certe spese cantonali»: un nome e un programma chiarissimi, che fanno paura per l’egoismo.

L’iniziativa chiede di introdurre il referendum finanziario obbligatorio per tutti le decisioni parlamentari, che comportano un investimento superiore a 20 milioni di franchi oppure una spesa annua di 5 milioni di franchi per almeno quattro anni.

Non dissimile dall’iniziativa è il controprogetto voluto da una risicata maggioranza del Parlamento: un controprogetto che crea confusione, in quanto introduce il referendum finanziario obbligatorio per gli atti che comportano una spesa unica superiore a 30 milioni di franchi e una spesa annua di 6 milioni di franchi per almeno quattro anni, condizionando tuttavia la chiamata del popolo alle urne ad un voto da parte di almeno 1/3 dei parlamentari presenti, ritenuto un quorum minimo di 25 deputati favorevoli.

L’iniziativa e il controprogetto si guardano bene dal chiedere la medesima procedura per gli sgravi fiscali. C’è una distorsione ideologica di base, perché demonizzano le spese e gli investimenti pubblici cantonali. L’iniziativa e il controprogetto non sono nell’interesse della maggioranza della popolazione, ma solamente dei ricchi egoisti! Essi hanno come scopo di bloccare le decisioni progressiste

prese dal Parlamento a favore di una maggiore redistribuzione tra ricchi e poveri, come pure a favore di interventi strutturali per le regioni o le realtà d’interesse generale, per di più in un periodo storico drammatico dove le diseguaglianze aumentano. Le due proposte avranno pure come effetto di mettere a rischio le spese e gli investimenti a favore delle zone meno popolate e a favore di strutture d’interesse pubblico a carattere sociale o culturale, che sono «poco popolari».

L’iniziativa e il controprogetto creeranno nuove votazioni popolari, obbligando il fronte progressista ad investire risorse per ripetute campagne volte ad informare la cittadinanza prima di ogni voto: al contrario ogni volta il fronte conservatore del no partirà avvantaggiato nella campagna, senza nemmeno dover raccogliere una firma e potendo mettere in campo la sua artiglieria pubblicitaria, finanziata dai milionari locali, per confondere le idee alla popolazione e farla votare no.

Anche dal profilo della democrazia popolare è certamente meglio privilegiare la via del referendum facoltativo, che consente di aprire un dibattito nella cittadinanza sugli investimenti e sulle spese realmente controversi: l’affastellarsi di votazioni popolari toglierebbe quindi visibilità ai veri temi del dibattito democratico. Per tutti questi motivi è ragionevole votare 2 x no al referendum finanziario obbligatorio in Ticino.

Articolo di Raoul Ghisletta, apparso sul Corriere del Ticino il 30 agosto

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