Noi ragazze e ragazzi degli anni 70…

Simpatici ‘meme’ ci ricordano che noi nate e nati negli anni 70 siamo sopravvissuti alle auto senza poggiatesta e cinture posteriori, ai nastri ingarbugliati delle musicassette, a un mondo in cui, se uno di noi cadeva da un muretto, era semplicemente colpa sua e non del Comune, dell’architetto, del proprietario, del docente o di chissà chi. Sopravviveremo anche al crollo delle pensioni?

La speranza di vita aumenta, la vita concreta di molti si allunga, e questo è un bel fatto. Il numero di lavoratori attivi per ogni pensionato diminuisce, e questo è un fatto negativo. Occorre pertanto intervenire per riequilibrare i sistemi pensionistici, e questo è un fatto oggettivo. Ciò che non va bene, è che il riequilibrio viene sempre attuato nel senso di ridurre le prestazioni, e mai nel senso di aumentare corposamente i finanziamenti per mantenere invece il livello delle prestazioni. La possibilità di una vita in salute, gioia e serenità, con risorse adeguate, negli anni dopo la professione, soprattutto tra i circa 64 e circa 80 anni d’età – prima degli acciacchi inevitabili – è una delle vere “macro conquiste” epocali della civiltà occidentale. Uno dei valori massimi. Ma davvero la nostra società lo ritiene adesso un difetto da picconare togliendo risorse ai futuri pensionati? Ma davvero non capiamo quanto fanno bene all’economia – oltre che a sé stessi – i giovani anziani rilassati con buona qualità di vita che possono anche spendere non solo per i bisogni essenziali?

Occorre cambiare il paradigma e puntare a finanziare meglio il sistema; invece di limitarsi alle solite proposte di ridurre le prestazioni, stucchevoli soluzioni troppo facili, mentalmente pigre e in fondo disumane.

Se le risorse generali della società fossero in calo, con recessioni pluriennali, si dovrebbe ahimè ridimensionare anche il sistema pensionistico. Ma la società nel suo insieme è tuttora ricca, il Pil tiene, il patrimonio globale complessivo aumenta, dunque la maggior durata della vita non la sta indebolendo, ergo le risorse per mantenere il sistema pensionistico globalmente ci sarebbero. Basterebbe individuarle e indirizzarle adeguatamente, in modo di non più limitarsi a castigare la vecchiaia della classe media. Anche per questo spero che diremo No alla riforma dell’Avs il 25 settembre, ennesima riforma che ci propina grandi riduzioni delle prestazioni e solo risibili aumenti delle risorse messe a disposizione.

Articolo di Fabrizio Garbani Nerini, apparso su La Regione il 1 settembre

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