Negozi, diciamo NO al Cavallo di Troia

L’iniziativa approvata dal Gran Consiglio volta ad estendere le aperture dei negozi ci vede fermamente contrari. Innanzitutto per come la si è presentata: ci si vuole far credere che siamo di fronte a delle leggere modifiche, a degli accorgimenti, ma in realtà, l’approvazione del rapporto di maggioranza aprirebbe le porte ad una pesante liberalizzazione. Siamo di fronte ad un classico cavallo di Troia. Infilandosi attraverso la deroga concessa per le aperture domenicali di negozi destinati ai turisti, con la proposta del raddoppio della metratura della superficie, si vuole liberalizzare l’apertura domenicale per gran parte dei negozi ticinesi, su una gran parte dei comuni toccati dalla deroga in oggetto. Gli intenti della maggioranza commissionale sono chiarissimi: limitando con dei paletti e un nastro rosso la superficie a 400 metri quadrati si potrà aprire qualsiasi punto vendita.

Venendo al merito della contrarietà, non si può non considerare il personale. Sono le persone che ogni giorno riordinano i prodotti, che li fanno passare alla cassa, che puliscono e gestiscono i negozi, il cuore pulsante di questa attività. Il lavoro domenicale andrà a ricadere sulle loro spalle. Perlopiù donne, le lavoratrici tracciano un chiaro bilancio delle recenti modifiche che hanno esteso gli orari di apertura: sono peggiorate le condizioni di lavoro. Si verifica quello che chiamano «l’orario spezzatino», ossia garantire, con lo stesso personale, molte più ore di apertura, flessibilizzando l’orario, precarizzando i contratti. Ma la maggioranza del Parlamento, prima di sistemare questa urgenza lavorativa e sociale, vuole togliere loro altro tempo libero per stare in famiglia.

Siamo fortemente contrari a questa iniziativa anche perché va contro gli interessi di moltissime piccole realtà. Nel 2016 ben 300 piccoli negozi avevano firmato un appello per chiedere di non estendere gli orari di apertura, il motivo era molto chiaro: contrariamente alla grande distribuzione i piccoli commerci non possono far fluttuare il personale, pertanto avrebbero avuto un ulteriore svantaggio competitivo. Ebbene, in campagna, gli stessi che oggi sostengono il raddoppio della metratura per far aprire negozi più grandi, o tramite escamotage anche la grande distribuzione, ai tempi dicevano che il limite di 200 metri quadrati era proprio in loro tutela! Ecco che cade la maschera! Noi siamo convinti che i piccoli commerci, che contribuiscono a creare comunità e legame con il territorio, a renderlo unico e particolare, vadano tutelati, sostenuti, preservati da una grande distribuzione che omologa, crea non luoghi. Per questi motivi, vi invito a firmare il referendum lanciato dai sindacati e sostenuto dal PS contro questa ennesimo passo che si muove verso la liberalizzazione generalizzata.

Articolo di Fabrizio Sirica, apparso sul Corriere del Ticino il 25 ottobre

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