Morte celebrale di un sistema malato

Il sistema LaMal è definitivamente fallito. La concorrenza privata tra casse malati, tra ospedali privati e pubblici, tra centri medici e tra case farmaceutiche non è riuscita ad autoregolare un bel nulla. Nessuna mano invisibile ha contenuto l’aumento dell’offerta di prestazioni e non ha tenuto i costi bassi. Unica certezza: azionisti, manager, medici, farmacisti si stanno arricchendo e allo stesso tempo i premi e le partecipazioni personali dell’assicurazione malattia sono divenuti insostenibili. Lo Stato non ha saputo controllare e dirigere il sistema che, a questo punto, non può essere che ufficialmente dichiarato agonizzante. Ognuno ora ha la sua ricetta per agire sui premi e sui costi. A me sembra tuttavia di sentire sempre la stessa minestra riscaldata: e le riserve, e i generici, e i tariffari nazionali, e la moratoria degli studi medici, e la pianificazione ospedaliera. Tutto vero. Ma l’evidenza alla luce dei fatti mi sembra una sola: dobbiamo cambiare sistema alla radice. Non vedo sinceramente altra soluzione che iniziare un progressivo processo che porti allo smantellamento del sistema LaMal e che porti alla creazione di una cassa malati unica nazionale, con premi proporzionali al reddito e un sistema forte che sappia controllare per davvero i costi. La discussione sarà lunghissima: le resistenze enormi e le lobby legate al più grande business del nuovo millennio, il mercato della salute, metteranno in campo risorse finanziarie illimitate giocando fino in fondo il loro potere economico e politico. La cassa malati unica nazionale sarà inoltre una sfida operativa enorme, probabilmente maggiore di quella che ha portato, decenni or sono, alla creazione dei fiori all’occhiello della nostra sicurezza sociale, l’Avs e l’Ai. Nel frattempo, non possiamo restare con le mani in mano. La batosta odierna dell’aumento dei premi ha conseguenze economiche disastrose su economie domestiche già confrontate con un aumento del costo della vita inedito da decenni e l’esplosione dei costi energetici. Questo aumento fa male. Colpisce tutti, ma farà dannatamente male a chi già ora fa fatica ad arrivare alla fine del mese. E con la nuova situazione legata all’inflazione e ai salari bassi ticinesi, gran parte del ceto medio farà sempre più fatica a far quadrare i conti.

Lo Stato ha una grande responsabilità in tutto ciò. La Confederazione certo in primis – come va dicendo con forza il consigliere di Stato Raffaele De Rosa – e dunque il Consiglio federale e il Parlamento federale, entrambi a chiara maggioranza di destra. Le soluzioni concrete sarebbero dovute arrivare da Berna, ma sono sempre state bloccate. Ma anche il Cantone Ticino non può completamente esimersi dalle proprie responsabilità: pianificazione ospedaliera in ritardo, nessuna moratoria sugli studi medici, dati sui costi sanitari a livello cantonale fragili, tagli ai sussidi di cassa malati.

I sussidi, appunto. Lo Stato ha fallito demandando la cosa più preziosa, la Salute della popolazione, alla concorrenza privata. E lo Stato – in attesa di trovare una soluzione che migliori la situazione alla radice – deve ora assolutamente assumersi la responsabilità di ridurre l’impatto dell’aumento dei premi per la popolazione. Subito, adesso già per il 2023 occorre modificare urgentemente le modalità di calcolo della riduzione ordinaria dei premi di cassa malati agendo in due direzioni: aumentando il valore soglia di reddito che permette di avere diritto ai sussidi e permettendo quindi di accedervi anche ai redditi medi e aumentando la quota parte di riduzione del premio per chi già beneficia (molto) parzialmente di sussidi.

“Ma tutto questo costa e non possiamo permettercelo” si dirà. Certo, ma quando si sbaglia, a pagare non devono essere sempre solo i cittadini in difficoltà. Lo Stato ha fallito e ora deve tamponare dove fa più male e deve andare a prendere i soldi dove ci sono, attraverso uno fiscalità adeguata e capace di intervenire presso chi da questo sistema di libera concorrenza ha fatto e sta facendo fortuna.

Articolo di Danilo Forini, apparso su La Regione il 30 settembre

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