Luxury Goods: condizioni di lavoro inaccettabili

Condizioni di lavoro inammissibili, sfruttamento della manodopera ed estrema precarizzazione. A 5 anni dalla denuncia sindacale per lo stesso genere di casi, le attuali testimonianze di lavoratori della Luxury Goods indicano che non è cambiato nulla. Il PS si oppone con decisione a questo tipo di economia, chiede il potenziamento dei controlli dell’Ispettorato del lavoro e ribadisce l’urgenza di un salario minimo dignitoso in Ticino, superiore ai 20 franchi all’ora.

Le inaccettabili condizioni di lavoro presso la Luxury Goods Logistic (L.G.I.) emerse dalle testimonianze raccolte da “Modem” – Rete Uno, 28 febbraio 2019 – sono l’ennesima dimostrazione dei gravi problemi legati alla presenza in Ticino del gruppo di proprietà della multinazionale Kering, a cui appartiene anche il marchio Gucci.

Orari e luoghi di lavoro comunicati via messaggeria telefonica di giorno in giorno, ritmi di lavoro asfissianti, impossibilità di andare al bagno o di bere durante i turni, anche quando fa più caldo. Lavoro sotto videosorveglianza, magazzini gelidi d’inverno e lavoratori obbligati a portare uniformi non adeguate. Inammissibili condizioni di lavoro e sfruttamento che vanno combattuti con decisione. Le testimonianze emergono a 5 anni dalla denuncia del sindacato UNIA riguardo alle stesse gravi condizioni, mostrando come quest’attività logistica legata all’alta moda in Ticino continui a basarsi sullo sfruttamento della manodopera e sul dumping salariale.

Un tipo di economia fondato su sistema opaco che sfrutta anche il territorio, come mostrato dalle inchieste per evasione fiscale contro Kering, e che permette alla multinazionale d’importare nel nostro Cantone un’altissima quantità di beni prodotti all’estero per poi distribuirli a livello mondiale con l’unico scopo di pagare meno imposte. A fine gennaio, il nucleo di polizia finanziaria di Milano ha contestato alla multinazionale della moda un’evasione fiscale di 1,4 miliardi di euro per dei ricavi non dichiarati per oltre 14 miliardi. Le conseguenze sono gravi, come dimostrato dai 150 posti di lavoro tagliati da Kering in Ticino lo scorso ottobre.

Da un lato, i profitti miliardari della multinazionale; dall’altro condizioni di lavoro inammissibili, sfruttamento ed estrema precarizzazione della manodopera, enorme traffico di mezzi pesanti per un indotto cantonale che va riconsiderato. Non è questa l’economia che vogliamo per il Ticino. Non l’economia che sfrutta le persone e il territorio, facendo concorrenza sleale a imprenditori onesti che pagano correttamente i propri dipendenti. Un tipo di economia che genera una crescita dopata poiché fa pressione sui salari puntando sul bacino di manodopera oltreconfine, ma che non assorbe la disoccupazione in Ticino. Per questo è urgente potenziare i controlli dell’Ispettorato del lavoro e introdurre un minimo salariale di almeno 20 franchi all’ora. Salari da 2’800 franchi al mese con settimane di 54 ore di lavoro, come emerso dall’inchiesta di “Modem” riguardo alla Luxury Goods, escludono di fatto la manodopera residente che non può vivere in Ticino con simili salari.

 

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