"Un Paese debole e senza strategia" questo è il succo delle rivelazioni fatte dal settimanalel’Espresso sulle comunicazioni della diplomazia americana in Italia e pubblicate sul sito di Repubblica nei giorni scorsi. Questa è del resto l’immagine che l’Italia dà di se dal lontano 1998 ad oggi da quando la politica ha smarrito la propria missione si è lasciata distrarre dalle cultura del berlusconismo salvo la breve parentesi con cui si è manifestata l’esperienza del Governo Prodi che la impegnò in una sfida ardua ma vincente di cui oggi riusciamo a vedere i vantaggi. Una sfida che negli anni a venire ha spianato la strada ai cittadini dando il senso di un destino e di un impegno comune: l’adesione all’Unione Economica e Monetaria dell’Unione Europea e quindi l’ingresso nell’area dell’Euro.
Da allora più nulla da allora nel migliore dei casi il Paese vivacchia ma vive senza sfide si distrae seguendo il gossip e le malefatte del governo. Proprio questa assenza di obiettivi questa mancanza di capacità di immaginarsi tra 10 o 20 anni di porsi degli obiettivi per il futuro ne indebolisce tremendamente la coesione e la volontà di stare insieme.
Troppo spesso nelle valutazioni che si fanno per prendere in esame un Paese si fanno riferimenti all’identità di un partito o di una nazione sulla base di ciò che è si è realizzato nel passato a ciò aggiungiamo che l’identità unitaria del nostro Paese possa rafforzarsi celebrando assieme alle imprese dei Mille e ai valori del nostro Risorgimento in una giornata emblematica quella del 17 marzo anche il senso moderno delle nostre istituzioni della nostra civiltà indicando una nostra idea di futuro un progetto che trovi le ragioni dello stare insieme negli obiettivi per il futuro.
Tra gli obiettivi che un Paese come l’Italia si può porre c’è senz’altro il proprio posizionamento nello scacchiere geopolitico che ha il suo epicentro nel Mediterraneo. Questa funzione primordiale è dovuta dal ruolo storico e dalla capacità economico industriale che l’Italia esercita anche in funzione del suo posto nel G8. Mentre la politica europeista dell’Italia è sempre stata chiara e facilmente decifrabile grazie anche alla convinzione con cui si sono battuti per ultimo il Presidente Azelio Ciampi e Giorgio Napolitano la politica del nostro Paese nel Mediterraneo è sempre stata opaca a causa delle discutibili alleanze con quelle personalità che nell’ultimo mese sono state costrette a fuggire a gambe levate cacciate dai cittadini in rivolta.
Con il centro-destra al governo la debolezza e la mancanza di strategie dell’Italia si è ingigantita. Il decennio berlusconiano ci ha regalato spettacoli indecorosi di genuflessione di fronte a leader arabi come Gheddafi che ora si stanno dimostrando dittatori brutali e sanguinari protagonisti in negativo di indecorose piazzate folcloristiche da tappetaro davanti ad un attonito parlamento europeo o nell’assemblea delle Nazioni unite.
La rivoluzione laica e democratica che sta travolgendo i paesi arabi chiama l’Italia ad una presa di posizione chiara che aiuti gli alleati gli Stati Uniti e l’Unione europea in primis ad adottare una strategia comune per l’area. Obiettivo primario della nostra classe politica è quello di interpretare correttamente ciò che sta accadendo nei Paesi della fascia meridionale del Mediterraneo e dei Paesi arabi e favorire nell’area la nascita di robuste democrazie cercando di evitare che il malcontento per ora solo libertario non si trasformi guidato dai movimenti islamici vicini ad Al Quaeda in sentimento anti-europeo ed anti-americano. Le rivoluzioni libertarie per la democratizzazione di questi paesi geograficamente a noi vicini a cui stiamo assistendo da incauti spettatori salvo reclamare contributi per l’accoglienza dei profughi costituisce un’ulteriore ragione per chiedere le dimissioni di un Governo Italiano palesemente incapace di prendere un qualsiasi provvedimento legislativo di peso figuriamoci di delineare una strategia mediterranea per l’Italia su cui far convergere gli alleati. La soluzione a questa crisi non si esaurisce nella costruzione di nuove frontiere e nel divieto di ospitalità dei profughi che scappano dalla guerra.
Principianti allo sbaraglio impegnati a demolire la costituzione per salvarsi da accuse infamanti di festini a luci rosse con minorenni e concussione non uomini di Governo. Perciò continuiamo la raccolta delle firme per chiedere le dimissioni del presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi. Possiamo faro fino al giorno 8 marzo firmando nel sito del Partito democratico in
Svizzera www.pd-svizzera.ch