L’internazionale del liberismo

Le contraddizioni di un capitalismo sempre più avido aumentano e, contemporaneamente aumenta la forza della destra nel mondo. Il fenomeno non dovrebbe stupire se si pensa che la sinistra va bene quando le cose vanno bene, quando c’è fiducia nel sistema, quando c’è ottimismo. Come negli anni Sessanta del secolo scorso, gli anni del boom economico, quando l’Europa visse “le trente glorieuses” con l’affermarsi e lo sviluppo dello Stato sociale. Per contro, quando le cose vanno male, le persone hanno paura e di conseguenza sono maggiormente portate a cercare rifugio presso chi detiene potere e ricchezza, sperando di poter usufruire di qualche briciola lasciata generosamente cadere verso il basso. Zygmunt Bauman, quattro anni prima della sua morte, nel 2013, a questo proposito ha scritto un saggio dal titolo chiarissimo: ‘La ricchezza di pochi avvantaggia tutti (falso!)’, dove sostiene che l’avere sostituito la competizione alla cooperazione amichevole, alla condivisione di fiducia, al rispetto, premiando l’avidità di pochi, non produce nessun vantaggio per la società. Come ha drammaticamente dimostrato in questi giorni la triste vicende che ha travolto il Credito svizzero. Eppure l’accumularsi di problemi sempre più gravi come le crisi finanziarie del 2008 e quella attuale, l’esplosione dei debiti pubblici e privati, le migrazione di popoli che fuggono da guerre, carestie e desertificazione del loro territorio, l’esplosione della popolazione nei Paesi poveri (Africa in particolare) cui si contrappone il calo e l’invecchiamento della popolazione europea in particolare, il riscaldamento climatico sempre più incombente e irreversibile, il trascinarsi di una crudelissima guerra imperialista scatenata dalla Russia in Europa, sembrerebbero creare le premesse di una possibile, anche se ancora contrastabile, vittoria mondiale di una destra a parole sovranista e nei fatti liberista e globalista. Partendo da Trump che non ha bisogno di presentazione e che aspira a una seconda presidenza Usa nel 2024, senza dimenticare Bolsonaro che aspetta il momento di ritornare in campo, passando del presidente dell’India (1,4 miliardi di abitanti) Modi che gestisce con metodi sempre più autoritari e liberisti il potere, per arrivare all’Europa della Meloni, di Orbán e della Le Pen che aspettano di diventare maggioranza alle elezioni del Parlamento europeo nel 2024, entro pochi anni il mondo cosiddetto “occidentale” (quello delle democrazie e dello Stato di diritto) potrebbe trovarsi nelle mani di una destra liberista che non avrebbe più freni nel favorire l’avidità del capitalismo più sfrenato.

Nel nostro piccolo non è un caso che il granconsigliere Udc Sergio Morisoli abbia rispolverato recentemente il ‘Libro bianco’ di Carlo Pelanda di 25 anni fa. Un manifesto di un capitalismo alla far west, come l’ha definito Christian Marazzi, che era impensabile quando quel libro venne scritto, ma che diventa attuale oggi se la destra estrema dovesse trovarsi improvvisamente alla testa, appunto del “mondo occidentale”. Quanto saremmo lontani da quello “spirito capitalista” lodato da Max Weber, dove la disposizione socioculturale spingeva il proprietario di una fabbrica a reinvestire i frutti della propria attività per generare nuove iniziative economiche nell’interesse di tutta la collettività. Una lontananza che Ronny Bianchi ha spiegato molto bene su questo giornale il 27 febbraio scorso con un articolo dal titolo ‘L’etica dell’impresa’.

Partire da questa problematica “universale” per arrivare alle nostre elezioni cantonali del prossimo 2 aprile sembrerebbe un salto nel vuoto, ma non lo è se pensiamo che in democrazia ognuno di noi è chiamato a comporre con la propria goccia il mare di un mondo civile. Lo si deve fare evitando la comoda, colpevole strada dell’astensione e dando forza a quei partiti che credono nella collaborazione e che diffidano della competizione sempre più spinta con la scusa che “così va il mondo”.

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