Le imposte, i ricchi e quel Swissmade

Nella maggioranza dei Paesi europei la tassazione dei redditi avviene tramite calcolo progressivo, vale a dire – semplificando – la percentuale del prelievo (aliquota) aumenta con il crescere del patrimonio imponibile. Nei principali Paesi a noi confinanti quali Francia, Italia e Germania, l’aliquota più alta – che coinvolge dunque i contribuenti più ricchi – supera il 40%.

Questa breve premessa è necessaria per capire di cosa stiamo discutendo in questi giorni con la campagna referendaria sulla riduzione fiscale per i redditi più elevati voluta da governo e Parlamento. In caso di approvazione l’aliquota per redditi alti passerebbe infatti dal 15% al 12%, con un risparmio del 20% sul dovuto attuale e a trarne un beneficio importante saranno soprattutto le persone con un imponibile superiore a un milione di franchi.

Chi guadagna un milione di franchi all’anno lavorando in Svizzera (perché tutti gli altri milionari, svizzeri o stranieri, qui residenti ma con attività lucrativa all’estero godono di un regime fiscale ad hoc) lo deve senz’altro ad una buona dose di capacità individuali, ma non solo. Fare l’imprenditore nel nostro Paese permette chance inimmaginabili altrove grazie a tutta una serie di condizioni favorevoli. Dalla sicurezza sociale e personale a una burocrazia snella ed efficace, dall’istruzione di alta qualità a una vivibilità invidiabile, dalle infrastrutture viarie ai trasporti, dallo sviluppo urbano alla ricerca scientifica. Per non parlare degli investimenti pubblici tramite appalti e commesse che certo sviluppano un ciclo virtuoso, ma sono pur sempre soldi dei contribuenti. Se le cosiddette «condizioni quadro», tanto necessarie a chi fa impresa, sono ottimali è grazie all’impegno e alla volontà di tutti, compresi coloro che per sfortuna o per censo vivono sotto la soglia di povertà.

Detta altrimenti, lo Swiss made è figlio di una società complessa che per reggere e progredire ha bisogno della solidarietà di tutte le parti coinvolte, ricchi compresi.

Essere ricchi non è certamente una colpa da espiare ma è una responsabilità da esercitare nei confronti della società tutta. A maggior ragione quando il divario sociale tra i più abbienti e il ceto medio continua ad aumentare.

Decisivo quindi votare e far votare «no» alla riforma fiscale il prossimo 9 giugno.

Articolo di Francesco Albi apparso sul Corriere del Ticino il 31 maggio

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