LE DONNE, LA CULTURA E LA STRADA IN SALITA

Uno degli elementi che trovo più irritanti, quando si parla di conciliazione, è l’uso un po’ asfittico, per non dire miope, che si fa del tema circoscrivendolo al solo contesto familiare. Sei donna, lavori, hai uno o più figli/e e devi trovare delle vie per far quadrare i tempi e le energie. Peccato che ci siano donne che danno una forma alla propria esistenza diversa, che si scrolla di dosso come polvere le griglie previste dal retaggio culturale e che provano per esempio la via del talento, dell’arte, dal teatro alla scrittura. Ecco: queste donne devono fare il triplo della fatica rispetto agli uomini, per dimostrare di volta in volta che il talento sì, può essere anche appannaggio femminile.

La notizia che quindi mi viene girata una sera di particolare e solida stanchezza da un amico attento a queste problematiche non mi coglie di sorpresa: una recente pubblicazione dell’Ufficio federale di statistica mette in luce il fatto che nel circuito della cultura le disparità salariali legate al genere sono più gravi che in altri settori. Il testo recita così: «Gli uomini impiegati a tempo pieno nel settore culturale guadagnano in media 98 mila franchi all’anno, mentre per le donne la retribuzione si ferma a soli 78 mila franchi (…) una disuguaglianza che riflette la disparità presente in molti altri settori, ma che nel mondo della cultura sembra essere ancora più marcata».

Lo so: il senso comune suggerirebbe che un settore come quello della cultura, campo di approfondimento e conoscenza, dovrebbe essere più avanzato rispetto alle questioni di genere. Ma lo stesso senso comune in realtà non mette a fuoco il fatto che la cultura, nonostante bistrattata, a corto di fondi, rivesta agli occhi di molti ancora – e per fortuna – un prestigio e quel poco di esperienza che ho accumulato in questi anni mi ha insegnato che dove c’è capitale (economico e/o simbolico) aumentano proporzionalmente i vizi colonialisti e patriarcali; alle donne, eventualmente, il ruolo di fruitrici, di lettrici e di moglie e compagne di artisti, scrittori, registi. Muse, quando proprio gli si vuol dare un ruolo. Sempre schiacciate sul dato transitivo, sull’oggetto, nel ruolo di accogliere eventualmente i contenuti, più che in quello di produrli. Gli strumenti della parola e della riflessione, oltretutto, forniscono maggiori finezze per mettere in atto violenze e ingiustizie, specialmente quelle criptiche.

Con questo non voglio certamente dire che le donne non abbiano accesso alla cultura con un ruolo attivo (e ci mancherebbe altro). Ma le differenze esistono ancora e hanno a che fare con la presenza in ruoli gestionali e decisionali. O con i meno e con i più: meno carriera, meno soldi, meno premi, meno riconoscimenti, più fatica, più frustrazioni, più difficoltà a conciliare. La via del talento e dell’arte è spesso in salita; se sei donna, di più.

Articolo di Laura Di Corcia apparso sul Corriere del Ticino del 7 novembre

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