‘Le Direttive? Cultura del rispetto, non caccia alle streghe’

La direttrice del Decs Marina Carobbio spiega dopo la risposta del governo a Cotti e Zanetti che ‘sono un’esigenza emersa da scuola, studenti e famiglie’

«Non c’è nessuna caccia alle streghe, abbiamo emanato queste Direttive per tutelare maggiormente lo sviluppo armonioso di allieve e allievi e per rafforzare la cultura del rispetto. È un’esigenza che emerge dal mondo della scuola, da studentesse e studenti e dalle loro famiglie, oltre che dal parlamento stesso. Un’esigenza che condividiamo e che pertanto abbiamo portato avanti. Anche a supporto delle direzioni scolastiche e del corpo docente stesso che, se confrontati con situazioni di comportamenti inadeguati, hanno delle indicazioni su come segnalarle e affrontarle; sono infatti situazioni che si caratterizzano spesso per la loro complessità». A colloquio con ‘laRegione’, la direttrice del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport Marina Carobbio Guscetti prende posizione sul tema delle Direttive sui comportamenti inadeguati che, inizialmente previste per le scuole cantonali, sono state allargate e adattate alle scuole comunali dal mese di novembre 2024.

Direttive oggetto di contestazioni, in particolare dei deputati Giuseppe Cotti (Centro) e Tiziano Zanetti (Plr), che con un’interrogazione hanno chiesto lumi, mettendo nero su bianco che a loro avviso si trattava di un doppione, senza fondamento scientifico, di difficile applicazione e che, tra le righe, poteva far partire una caccia alle streghe. «Niente di tutto questo», replica Carobbio dopo che il Consiglio di Stato ha risposto all’atto parlamentare. Anche perché i numeri parlano da soli: «Da giugno 2023 a dicembre 2024, nelle scuole cantonali – che occupano circa 5mila adulti di riferimento – sono stati notificati 20 casi. Cinque sono ancora sotto verifica, sette hanno portato a un richiamo, tre ad ammonimenti. In cinque casi non è stato preso nessun provvedimento, a conferma del fatto che laddove approfondendo una segnalazione non emergono criticità, non vi sono conseguenze per la persona oggetto della segnalazione infondata.».

Ma in definitiva, queste direttive cosa prevedono?

È stato introdotto l’obbligo di notifica per quadri scolastici che vengono a conoscenza di comportamenti inadeguati nei confronti di allieve e allievi. Concretamente parliamo dell’obbligo di segnalare non solo eventuali violazioni dell’integrità fisica di allieve e allievi, ma anche minacce, umiliazioni, utilizzi di linguaggio inadeguato, comportamenti irrispettosi e lesivi della personalità, mortificazioni, discriminazioni. Non si introducono nuove norme giuridiche civili o penali – norme per altro già previste, ad esempio, dalla Lord o dal codice civile – ma un obbligo di notifica, dicevo, che fa in modo che se qualcuno segnala comportamenti inadeguati nei confronti di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, spesso minorenni e in età di sviluppo, queste segnalazioni vengano approfondite. In seguito al caso avvenuto nel 2022 in una scuola media nel Luganese, dove alcune allieve avevano segnalato comportamenti inadeguati e l’allora direttore di istituto – senza coinvolgere le autorità Dipartimentali – non vi aveva dato seguito, lo stesso Parlamento ha chiesto al Consiglio di Stato di avere procedure affinché situazioni simili non si verifichino più. Mi preme dire anche che assieme alle direttive stiamo promovendo la sensibilizzazione e la formazione delle e dei docenti e dei dirigenti scolastici su come riconoscere ed evitare comportamenti inadeguati. C’è il caso grave che va segnalato alle autorità competenti, ma c’è pure l’utilizzo adeguato delle parole, che in alcuni casi possono ferire. La tutela della sfera psicologica è importante.

Un’altra contestazione è quella che si tratti di un campo di applicazione vago, con poca oggettività. Tra le righe si avvertono come Direttive punitive. Come commenta?

Quello dei comportamenti inadeguati ha volutamente una definizione ampia, ma l’obbligo di segnalazione porta al confrontarsi con la situazione a beneficio di tutte e tutti. La stragrande maggioranza dei docenti lavora bene. È molto attenta al benessere delle allieve e degli allievi e non ha nulla di cui preoccuparsi. Per alcune delle situazioni segnalate, dopo approfondimento, è stato accertato che non erano necessari provvedimenti: sarebbe stato però sbagliato non verificare. È anche nell’interesse dell’adulto al centro della segnalazione poter prendere posizione sulla stessa, confrontarsi con i quadri scolastici per fare chiarezza, evitando così che circolino voci ingiustificate. L’intento delle Direttive non è punitivo: non si dice quali sono le conseguenze o la punizione perché magari non ce ne saranno; l’obiettivo è tutelare allieve e allievi e la scuola stessa, mettendo chi viene a conoscenza o vede qualcosa che non va nella condizione di segnalarlo sapendo che questa segnalazione verrà approfondita.

Nessuna caccia alle streghe quindi?

No, non c’è alcuna caccia alle streghe e lo si vede anche dai dati. C‘è semmai la volontà di sensibilizzare maggiormente sulla tematica, come chiesto dal Gran Consiglio anche per tutta l’Amministrazione cantonale a tutela dell’integrità sul posto di lavoro, pure con scopo preventivo; una richiesta a cui il governo ha risposto con un messaggio che propone diverse misure concrete. A maggior ragione ciò è quindi necessario se si parla del mondo della scuola, di minori e del benessere delle bambine e dei bambini.

Un’accusa che vi viene spesso mossa a livello di Decs è di essere “troppo inclusivi”. C’è un limite all’inclusione per lei?

Non penso ci sia un limite all’essere troppo inclusivi, perché ribadisco che l’obiettivo è garantire il benessere e lo sviluppo armonioso delle e dei più giovani: che possano star bene, essere in un ambiente sicuro, imparare in tranquillità. Ciò è quanto prevede il mandato educativo della scuola, che non si può limitare a insegnare materie e trasmettere conoscenze, ma deve anche dare a tutte e tutti pari opportunità e gli strumenti per affrontare la società. Se dentro e fuori la scuola non tuteliamo i bambini, non garantiamo il benessere, anche l’insegnamento e l’apprendimento non sono garantiti. L’inclusione per noi è anche aiutare le e i più giovani a crescere sviluppando tutto il loro potenziale in un mondo sempre più complesso. La società civile è molto sensibile a questo tema, l’ha dimostrato ancora recentemente mobilitandosi in difesa della scuola, e nello specifico della pedagogia speciale, ed evidenziando l’importanza del fatto che la scuola sia accessibile a tutti e che tutti abbiano pari opportunità.

C’è chi teme che si sia sotto attacco, che non si possa più dire niente, che un docente finisca nei guai perché dice una parola che trent’anni fa non avrebbe colpito nessuno. La ricerca del rispetto può sfociare in eccesso di zelo?

I limiti vengono rispettati dalla stragrande maggioranza dei docenti, che non hanno nulla da temere. Ma quando si parla di rispetto ci sono comportamenti e frasi che non possono essere accettati, così come non si possono tollerare umiliazioni e mortificazioni da parte dei docenti, che svolgono un ruolo educativo: spero che su questo siamo tutti d’accordo. Non vuol affatto dire che non ci si possa esprimere; le e i docenti sono liberi di scrivere articoli sui media, di manifestare il loro pensiero, anche in classe, a scuola, purché ciò avvenga in modo rispettoso, come si richiede anche alle allieve e agli allievi. Le poche segnalazioni di comportamenti inadeguati mostrano che talvolta è sufficiente un richiamo per chiarire la situazione e assicurarsi che quanto accaduto non si ripeta. Se il comportamento inadeguato non viene riscontrato, evidentemente, le direttive non sfociano in un provvedimento. Aggiungo che sono anche le allieve e gli allievi a chiedere più attenzione e una maggiore cultura del rispetto. È un tema sentito. Spero che questo sia un passo in un percorso fondamentale per la scuola e per l’intera società, di cui le docenti e i docenti sono attori importanti, con un ruolo esemplare che merita attenzione e riconoscimento.

Intervista di Jacopo Scarinci a Marina Carobbio Guscetti, Consigliera di Stato, pubblicata su laRegione del 25 gennaio

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