La scena di chi lavora e dell’altro che guarda

Lo Stato ha il compito di sostenere le persone anziane, i minorenni in difficoltà e le persone con disabilità non autosufficienti. Ma non lo fa direttamente, lo delega ad altri.

Si chiama sussidiarietà. Di principio è una buona cosa. Ci sono associazioni, enti e attori sociali che intervengono con grande esperienza e competenza: sanno come fare e lo fanno bene. Poi, non guasta il fatto che così facendo si possono beneficiare delle risorse private che questi enti mettono a disposizione gratis per svolgere la missione affidata: infrastrutture, volontari e raccolta fondi. Spesso, infatti, i compiti demandati a terzi dallo Stato sono pagati solo parzialmente. Un bell’affare per il contribuente.

Ma cosa succede se vengono a mancare queste risorse private? I volontari sono sempre più difficili da trovare e le donazioni diminuiscono. Purtroppo, cala il potere di acquisto dei potenziali donatori e aumenta il numero globale degli enti costretti a chiedere soldi per svolgere il proprio compito, addirittura per strada.

Bella vita la sussidiarietà, per lo Stato: si può rimanere a guardare e dire all’altro cosa e come fare. Arriviamo addirittura al paradosso che aumentando il lavoro da fare e nel contempo diminuendo le risorse, il medesimo tizio che guarda comincia a reclamare che quello che lavora costa troppo e che forse addirittura svolge i propri compiti in maniera non efficace ed efficiente.

Così ora, i tizi che guardano sono diventati due. E quello che lavora deve passare più tempo a compilare moduli e rispondere a richieste burocratiche invece che ad aiutare le persone bisognose.

C’è chi chiede di diminuire la spesa pubblica e il numero di funzionari. Si dovrebbe però finalmente cominciare ad imparare a fare delle distinzioni e non colpire a casaccio con i soliti tagli lineari. Se taglio un educatore da un foyer o un maestro da una scuola, l’impatto sulle persone è diretto, immediato. Non lo stesso si può dire in altri ambiti.

È giunto il momento che la maggioranza politica di questo cantone la smetta di accanirsi con chi si impegna per rispondere ai bisogni sociali e sanitari di una popolazione sempre più in difficoltà aumentando le richieste burocratiche e diminuendo contemporaneamente i contributi pubblici, che cominci a togliersi le mani di tasca e che venga a dare una mano in prima linea ad affrontare i problemi del Popolo e del Paese.

Soprattutto quelli delle fasce più fragili.

Abbiamo bisogno di tutti.

Articolo di Danilo Forini, apparso sul Corriere del Ticino il 28 settembre

Beitrag teilen:

Facebook
Twitter
LinkedIn
Animation laden...Animation laden...Animation laden...

Newsfeed