La discussa nomina di due procuratori pubblici: tanto piovve…

Una polemica sterile e inopportuna, strumentale e di cui non si sentiva proprio la necessità.

Nella seduta della scorsa settimana, il Gran Consiglio ha nominato due nuovi procuratori pubblici in sostituzione di due che avevano rassegnato le loro dimissioni. La vicenda è stata qualificata di «vergognoso spettacolo», e scelgo l’epiteto meno ingiurioso.

Ma che cosa è successo? 

All’apertura del concorso si sono presentati 18 candidati e candidate; la «Commissione di esperti indipendenti», nominata dal Gran Consiglio ha esaminato secondo la legge la loro idoneità rispetto alla funzione messa a concorso e quindi in modo approfondito le loro conoscenze, competenze ed esperienze in materia penale materiale e processuale. Dodici di loro sono risultati idonei.

A questo punto la Commissione giustizia e diritti, incaricata per legge di avanzare le proposte al Gran Consiglio ha scelto tra i dodici idonei due candidati, che poi il Gran Consiglio ha nominato.

La scelta della Commissione e del Gran Consiglio ha seguito la prassi di garantire all’interno della magistratura una ripartizione delle sensibilità politiche corrispondenti a quella dei partiti di governo.

Questo sistema si presta evidentemente a critiche di vario tipo. Inaccettabile è però il rimprovero che così facendo si scelgano persone poco adatte, solo per la loro casacca partitica. Il ruolo della «Commissione di esperti indipendenti» è proprio quello di garantire la qualità e idoneità dei candidati da lei approvati, lasciando così libero il Gran Consiglio di scegliere secondo altri criteri.

Un’altra critica, in parte comprensibile, è quella che sarebbe opportuno scegliere i candidati «migliori» in assoluto. Da un lato una tale graduatorie esigerebbe un esame più approfondito e dall’altro ogni graduatoria lascia spazio a qualche incertezza. Il vero problema di quest’approccio è però l’illusione che la qualità del magistrato sia indipendente da sue caratteristiche personali, come la sua sensibilità politica. Si sente spesso parlare per esempio negli Stati Uniti della posizione politica, più o meno conservatrice, dei giudici della Corte suprema. La loro decisione di annullare una precedente sentenza a favore del diritto di abortire ha suscitato grande scalpore. Anche da noi, nell’ambito delle legittime interpretazioni del diritto, si notano accenti differenti a seconda della visione politica dei magistrati. Una loro equa distribuzione tra le varie tendenze presenti nella società è dunque auspicabile.

Attualmente la ripartizione si fa tra i partiti di governo; una modifica semplice, ma importante, sarà quella di estendere la ripartizione ai gruppi presenti in Gran Consiglio. La proposta di affidare la scelta dei procuratori pubblici alla Direzione del Pubblico ministero è in realtà una misura che sposta di poco il problema, poiché la Direzione dovrà esser nominata dal Gran Consiglio che vorrà garantire anche qui una ripartizione in linea con le sensibilità della cittadinanza. E questa proposta non tocca la nomina di pretori e giudici.

Ma se tutto è andato secondo la legge, senza gravi intoppi in Commissione e in Gran Consiglio, perché tanta cagnara? Ogni scelta implica che ci siano degli esclusi, senza che questo rappresenti per loro un giudizio negativo. Ma, se la polemica è lanciata da chi è escluso, non ci sarà sistema di sorta in grado di proteggerci.

Articolo di Carlo Lepori apparso naufraghi/e il 12 marzo 2024

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