Finita la pausa estiva ero pronta a ripartire per un nuovo anno di attività politica. Iniziavo ad approfondire gli argomenti per bocciare la riforma del secondo pilastro: un ennesimo schiaffo alle donne. Stavo ritornando sugli argomenti per ribattere alle paure verso chi si identifica in una persona non binaria. Insomma, stavo cercando di riattivarmi politicamente nel percorso femminista intersezionale, che mi accompagna comunque nella vita di tutti i giorni. Eppure, il mondo femminista a cui appartengo viene accusato di rimanere in silenzio dinnanzi all’ennesimo episodio di sessismo all’interno del sistema di giustizia, reso noto dalla stampa negli scorsi giorni. Non è certo che la notizia mi (ci) lasci indifferente, ma diciamo che se dovessimo accusare ogni singolo episodio che vede coinvolto un uomo di potere (proveniente dal mondo della giustizia, o altri), non ci rimarrebbe più il tempo per difendere i nostri diritti. Un ennesimo episodio penoso e imbarazzante. Un episodio che ci ricorda quanto il potere gioca un ruolo cruciale nel far sentire un uomo al di sopra di ogni regola base di rispetto, ma anche quanto il sessismo sia duro da eliminare anche nelle aule di tribunale. Non si tratta di perbenismo o moralismo, ma di educazione al rispetto e alle pari opportunità. Eliminando ruolo e contesto sembra di avere a che fare con un gruppo di adolescenti alla scoperta del proprio corpo che cambia, che non hanno ancora ricevuto una lezione sulla sessualità e su come relazionarsi all’altro. Credo più che mai che sia opportuno rivendicare un’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, anche qui da noi in Ticino, perché permette di promuovere la consapevolezza del rispetto di sé e dell’altro, la parità nelle relazioni, la prevenzione quindi del sessismo e degli abusi sessuali. La parità tra donne e uomini e in generale il rispetto delle diversità di genere, è possibile solo a partire da relazioni fra persone educate fin dalla più giovane età a queste tematiche, o che sanno rimettersi in discussione da adulte.
Mi aspetto che il giudice coinvolto si ritiri dal suo ruolo e recuperi qualche libro in tema di affettività e sessualità. Ma mi auguro anche che all’interno del tribunale penale cantonale, come nel resto del sistema giudiziario ticinese, si faccia chiarezza e si promuova una cultura del rispetto e delle pari opportunità soprattutto perché proprio nelle loro aule si celebrano processi in materia di reati sessuali e di pedofilia e da loro ci si aspetta che questi casi non vengano banalizzati, ma che vengano trattati con serietà e una formazione adeguata..
Articolo di Lisa Boscolo , pubblicato su laRegione del 22 agosto 2024