Iniziativa burqa: su cosa non si vota

Il 7 marzo si voterà sul divieto di dissimulare il viso negli spazi pubblici. Un voto su un problema inesistente, visto che le persone che usano abbigliamenti coprenti sono pochissime e che la legge ticinese al proposito è stata un totale flop, ma certamente una campagna ben studiata per dare un volto presentabile ad una propaganda subdola contro musulmani, arabi e stranieri in generale.

Siccome oltre 100’000 cittadini ce lo chiedono ci esprimeremo su questo quesito, mentre non voteremo su una serie di altre cose che hanno infarcito il dibattito di queste settimane, pur non avendo nulla a che fare con burqa e affini. Non voteremo a favore o contro la religione musulmana, che se interpretata rigidamente può forse inquietare, ma non certo meno di quanto inquietano tutti i fanatismi religiosi, compresi quelli nostrani.

Non voteremo sulle mutilazioni genitali, sul taglio della mano, sulla lapidazione ecc., cose che il nostro Codice penale e il nostro buon senso non accettano e non accetteranno mai. Non voteremo sulla presunta islamizzazione del nostro Paese, che anche se per delirio dovesse prodursi un giorno, non verrà certo fermata dall’eventuale divieto dell’uso del burqa. Non voteremo a favore delle donne, visto che la coazione (compresa quella volta ad imporre un certo indumento) è già punita dal Codice penale, ma soprattutto perché per raggiungere la parità di trattamento tra generi ben altre sono le cose ancora da fare nel nostro Paese. Non voteremo sulla simpatia o antipatia nei confronti dei musulmani, sull’apprezzamento o meno di eventuali loro usanze. Non voteremo sul terrorismo islamico e tutto quello che ci gira intorno.

Su tutto questo non voteremo. Ci esprimeremo solo sul divieto di usare il burqa, anche da parte di chi lo fa per scelta. Una scelta che io come molti non capisco, come non capisco tante altre cose che accadono liberamente nella nostra società e che per fortuna, soprattutto se riguardano pochissime persone, non necessitano di un divieto e certamente non di un divieto ancorato addirittura nella Costituzione federale. Non mi illudo sul fatto che alla fine possa essere la ragionevolezza a prevalere, ma questo genere di proposte popolari costituisce uno sfregio alla democrazia diretta, perché utilizza un nobile e prezioso strumento, l’iniziativa popolare, per obiettivi diversi da quelli ufficialmente dichiarati. Un uso ambiguo tra l’altro non vietato, ben più nocivo per il tessuto democratico del nostro Paese della dissimulazione del volto negli spazi pubblici.

Articolo di Manuele Bertoli, apparso su La Regione il 19 febbraio

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