Imprese responsabili: perché SÌ

Prima di andare a votare su un’iniziativa popolare è sempre bene leggerne il testo, perché in poche righe esso esprime esattamente l’enjeu della votazione popolare. Per le iniziative a livello federale va poi sempre considerato che si vota su una norma della Costituzione, che se accolta dovrà poi comunque essere oggetto di una legge di applicazione.

Nel caso dell’iniziativa popolare per multinazionali responsabili, leggendo il nuovo art. 101a della Costituzione scopriamo che al capoverso 1 esso prevede innanzitutto il principio secondo cui la Confederazione prende provvedimenti per rafforzare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte dell’economia. Bene, mi pare un principio sul quale ci sia ben poco da dire e soprattutto da contraddire.

Al capoverso 2 si prevede invece che la legge disciplini gli obblighi delle imprese svizzere secondo tre principi.

Il primo: le imprese sono tenute a rispettare anche all’estero i diritti umani e le norme ambientali internazionali e devono provvedere affinché tali diritti e norme siano rispettati anche dalle imprese giuridicamente ed economicamente da esse controllate. Non mi pare un principio problematico, a meno che si sia pronti ad ammettere che quello che per noi non va bene in termini di diritti dell’uomo e di standard ambientali internazionali, quindi cose importanti, non bagatelle, possa o debba andare bene ad altri. Il principio del «non fare al prossimo quello che non vuoi venga fatto a te» non dovrebbe conoscere confini politici, soprattutto per questo genere di violazioni fondamentali.

Il secondo: le imprese sono tenute a usare la dovuta diligenza, in particolare devono individuare le ripercussioni effettive e potenziali sui diritti umani e sull’ambiente, adottare misure idonee a prevenirle, porre fine a quelle eventualmente in atto e rendere conto delle misure adottate. Anche qui non mi pare si chieda alle imprese cose terribili a fronte di potenziali violazioni importanti. Il testo dell’iniziativa specifica anche come la portata della dovuta diligenza dipenda dai rischi in materia di diritti umani e ambiente, cosa che mi pare proporzionata e saggia.

Il terzo: le imprese rispondono anche sul danno cagionato dalle controllate che violano diritti umani o norme ambientali internazionali, salvo aver dimostrato di aver prestato la necessaria diligenza. Mi pare una logica conseguenza dei due principi precedenti.

Le imprese che operano all’estero facendo attenzione a quel che fanno nel rispetto dei diritti dell’uomo e dell’ambiente e badando alla qualità dei loro partner, non hanno nulla da temere. Solo di fronte a casi gravi si potranno tenere processi in Svizzera per violazione dei diritti umani o di norme ambientali internazionali; per i casi minori nessuno si sposterà dall’Africa o dall’Asia per una richiesta minore.

Aumentare gli standard di protezione dallo sfruttamento senza scrupoli è necessario, opportuno ed economicamente vincente. La Svizzera ne potrà andare fiera e le sue imprese potranno guadagnare in reputazione. L’iniziativa è quindi da sostenere, rimandando la definizione di tutti i dettagli alla legge di applicazione.

Un chiaro sì il 29 novembre è nell’interesse di tutti e sarebbe un nuovo buon motivo per essere orgogliosi del nostro Paese.

Articolo di Manuele Bertoli, Corriere del Ticino 19 novembre

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