I numeri di Maurer

Recentemente il capo del Dipartimento federale delle finanze Ueli Maurer ha dichiarato che i provvedimenti “anti-Covid” costano alla nostra economia (lui ha usato il termine “bruciano”) 6 milioni di franchi all’ora. La frase è stata ripresa dal presidente dell’Udc, il ticinese Marco Chiesa, per giungere alla conclusione che la politica seguita dal Consiglio federale e, per esso, da Alain Berset e dalla maggioranza di sinistra del Consiglio federale (sic), è stata un fallimento.

Quello fornito da Maurer è un dato statistico. Dovrebbe servire a dare un ordine preciso a fatti confusi esplicitando gli aspetti chiave di un fenomeno. Nel nostro caso le conseguenze della pandemia sull’economia del paese e come affrontarle. Maurer e Chiesa, che hanno una formazione tecnica, dovrebbero sapere che la statistica serve a comprendere il mondo e a parteciparvi in modo costruttivo solo se viene inserita in un contesto più ampio di altri dati e di possibili confronti.

Altrimenti può stupire o lasciare indifferenti a seconda del caso, ma non serve a chiarire le idee. Sei milioni all’ora ai più sembrerà una cifra enorme, che potrebbe anche scandalizzare, ma, da sola, certamente non serve a capire quello che sta capitando e, eventualmente, come rimediare a quello che non va.

In uno dei suoi molti aforismi lo scrittore americano Gregg Easterbrook ha detto “se torturi i numeri abbastanza a lungo, confesseranno qualsiasi cosa”. Proviamo quindi a “torturare” i 6 milioni di franchi all’ora di Maurer/Chiesa. Sei milioni all’ora (moltiplicato per 24 ore e per 365 giorni) sono poco meno di 53 miliardi di franchi all’anno che, ripartiti su una popolazione di 8,5 milioni di abitanti, fanno 6’235 fr. all’anno per abitante. Questa sarebbe la perdita media della nostra economia (secondo il dato di Maurer) per abitante se le restrizioni “antipandemia” attualmente in vigore dovessero durare un anno. L’economia svizzera nel 2019 ha prodotto una ricchezza del valore di 727 miliardi pari a 85’500.- fr. per abitante. Una perdita di 6’235.- fr. su 85’500.- fr. è una perdita del 7,3%, ma da un pezzo si sapeva che la pandemia di Covid sarebbe costata alla nostra economia una perdita tra il 7% e il 9% del prodotto interno lordo (la ricchezza prodotta in un anno). Certo che parlare di una perdita del 7%/9% fa meno effetto che sentir parlare di una perdita di 6 milioni all’ora. Se si è scelta la formulazione meno chiara è probabilmente perché si cercava lo shock necessario per favorire le rivendicazioni dell’economia rispetto a quelle della sanità. Anche se lo stesso Chiesa in teoria ammette che la salute deve essere al primo posto. In teoria, poi però i fatti sono un’altra cosa.

Ora come si potrebbe evitare la pericolosissima (per entrambi) contrapposizione salute vs economia: semplicemente immettendo i soldi necessari per compensare le perdite dell’economia, vale a dire immettendo a fondo perso 60/70 miliardi nell’economia con due obiettivi: nessuna attività economica deve fallire e nessuno deve diventare disoccupato a causa della Covid. Guarda caso 60/70 miliardi di franchi per la Svizzera sono esattamente il corrispondente dei 1’900 miliardi di dollari che Biden pensa di immettere nell’economia (aziende, famiglie) americana: entrambi gli importi rappresentano infatti ca. il 9% del rispettivo Pil.

Dove troviamo questi soldi: con il debito o stampando moneta considerato che, a differenza di quello che capiterebbe con una guerra, il nostro potenziale produttivo è intatto cosi come la propensione al consumo per cui non c’è da temere un processo inflazionistico. Con un vantaggio sostanziale rispetto ai progetti di Biden: che il debito pubblico americano è circa il 110% del Pil, mentre il nostro, tra i più bassi al mondo, è solo attorno al 30% del Pil. Se dal 30% passassimo al 40% (ci siamo già stati) non cambierebbe nulla.

I motivi per cui neppure si osa accennare a questa possibilità, a mio parere, sono unicamente ideologici relativi al ruolo di Stato e Mercato. Ma questo meriterebbe un altro articolo.

Articolo di Pietro Martinelli, già Consigliere di Stato, apparso su La Regione il 1 febbraio

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