Guglielmo Tell era un (potenziale) terrorista?

Forse sì, dal punto di vista delle autorità di allora – ma per noi è un eroe nazionale. In caso di conflitti armati è difficile giudicare: dobbiamo prendere atto che gli attacchi alla popolazione civile, nella speranza che il terrore susciti una ribellione, sono uno strumento sempre più usato.

Noi non ci troviamo in un conflitto armato, ma siamo esposti a gesti terroristici di gruppi o singoli. È ragionevole disporre degli strumenti adeguati per farvi fronte. La Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo, sulla quale siamo chiamati a decidere, definisce però attività terroristiche «le azioni tendenti a influenzare o a modificare l’ordinamento dello Stato, che si intendono attuare o favorire commettendo o minacciando di commettere gravi reati o propagando paura e timore». Un articolo sui gravi rischi di una pandemia o del riscaldamento climatico potrebbe essere considerato allarmistico: non per nulla c’è già chi parla di «eco-terroristi»!

Infatti per «potenziale terrorista» si intende «una persona che, sulla base di indizi concreti e attuali, si suppone compierà attività terroristiche»: mi ricorda quel film in cui tre esseri in coma sognavano futuri delitti. Ora, il codice penale punisce già gli atti preparatori di un delitto e il Servizio delle attività informative della Confederazione (i servizi segreti) hanno già ottenuto cinque anni fa in votazione popolare una grande libertà di azione (Legge federale sulle attività informative). Ma qui si vuol dare alla polizia federale («Fedpol») la possibilità di obbligare il «potenziale terrorista» a evitare certe persone o certe zone o di non lasciarle o di restare chiuso in casa fino a tre mesi o sei o magari anche di più. Anche se il «potenziale terrorista» è un bambino di 12 anni! E tutto questo su decisione della Fedpol, senza che sia un giudice a valutare se si tratta di un «potenziale terrorista» (tranne che per la residenza coatta, limitata anche a partire da 15 anni).

Come molti altri Stati, che pur si considerano Stati di diritto, democratici e difensori delle libertà individuali, anche la Svizzera dunque è disposta a limitare le libertà fondamentali delle proprie cittadine e dei propri cittadini per lottare contro quelli che non le accettano, non le riconoscono e vogliono togliercele. Per assurdo li aiutiamo così a raggiungere i loro obiettivi!

Più di sessanta esperte ed esperti universitari svizzeri di diritto hanno scritto al parlamento e al governo, per renderli attenti alle gravi violazione dei diritti umani e dei bambini insiti nel progetto di legge: «Mentre non c’è dubbio che il terrorismo richiede una risposta forte da parte delle nostre istituzioni, l’azione dello Stato deve essere presa nel quadro dello Stato di diritto. È uno Stato di diritto forte quello di cui la Svizzera ha bisogno per contrastare la minaccia terroristica. Il progetto di legge […], tuttavia, è molto problematico dal punto di vista della Costituzione federale e degli accordi internazionali sui diritti umani. La sua adozione minerebbe il nostro Stato di diritto».

No dunque alla Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo!

Articolo di Carlo Lepori, apparso su La Regione il 26 maggio. 

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