Mi succede poche volte di leggere un editoriale del vicedirettore del ‘Corriere del Ticino’ Gianni Righinetti e di dire: perbacco, ha ragione! È successo il 2 giugno, Festa della Repubblica italiana. Un’occasione per ricordare un bellissimo pensiero di Alcide De Gasperi: “Il futuro non verrà costruito con la forza, nemmeno col desiderio di conquista ma attraverso la paziente applicazione del metodo democratico, lo spirito di consenso costruttivo e il rispetto della libertà”. Esattamente l’opposto di quanto si vede e si fa nel cortile della politica di casa nostra. Il bipede Lorenzo Quadri, con un piede in Municipio e l’altro in Consiglio nazionale (ma con la testa sempre in via Monte Boglia), continua a rubare involontariamente il mestiere ai comici. Il 1° giugno scriveva sulla prima pagina del suo settimanale che “nel prossimo futuro ci sarà un arrocco leghista nel governicchio ticinese. Nel senso che Norman Gobbi, attuale direttore del Dipartimento delle istituzioni, andrà al Territorio; mentre Claudio Zali lascerà il Dipartimento del territorio per trasferirsi alle Istituzioni”. Poi ne dà le motivazioni, ma senza rendersi conto di quanto esse siano, se non offensive per i due ministri della sua Lega, perlomeno comiche. “Claudio Zali, in quanto ex magistrato di lungo corso, conosce alla perfezione i meccanismi della Giustizia ticinese” (ne abbiamo avuto una prova anche in questi ultimi mesi). “Ha dunque tutte le carte in regola” per mettere a posto (Quadri scrive “per tirare in gol”) “un settore cruciale dell’attività statale, ma che da tempo naviga in acque agitate”. Norman Gobbi, dal canto suo, “è certamente vicino alla realtà e alle problematiche del territorio, capace di portare nuove visioni sui numerosi e importanti dossier di competenza di questo Dipartimento”. Roba da non credere, da “far tremare le busecche”. In buona sostanza Quadri scrive che Zali andrà alle Istituzioni per sistemare i pasticci di Gobbi e Gobbi andrà al Territorio per fare altrettanto. E questo bell’arrocco, cioè questo pasticcio, sarà “in grado di infondere nuovo slancio all’attività governativa”.
Con chi? Con Zali, che, come scrive Gianni Righinetti, “una settimana fa è stato protagonista di un’invasione di campo nel terreno della Giustizia con un articolo al vetriolo (sempre dalle colonne del ‘Mattino’)” e con “Gobbi, che negli ultimi anni ha collezionato una serie di flop politici: Giustizia 2018, Ticino 2020, Cittadella della Giustizia senza dimenticare il processo che arriverà nei confronti degli agenti intervenuti in quella sfortunata sera in Leventina con ‘un bicchiere di troppo’ (Gobbi dixit)”?
Tutto questo – non so se consapevolmente o inconsapevolmente – è fumo negli occhi, è un gioco circense, anzi: un’offesa alla democrazia. I due consiglieri di Stato si sono accorti a metà legislatura di essere in grande difficoltà, perciò chiedono di cambiare campo per cercare di risollevare non le sorti del Paese, ma le loro e quelle della Lega. Siccome il vento trumpiano per fortuna non soffia così forte da far vacillare la nostra democrazia, si spera che gli altri tre consiglieri di Stato alzino il ditino e dicano: “No, cari, giocate fino alla fine la vostra partita e mantenete l’impegno sottoscritto a inizio legislatura a guidare tu, Gobbi, il Dipartimento delle istituzioni e tu, Zali, quello del Territorio”.
Forse è ancora importante ricordare ai nostri due onorevoli che gli interessi della Lega e i loro personali non sono interamente quelli delle cittadine e dei cittadini di questo Paese, nemmeno di coloro che li hanno votati. Quindi svolgano la loro funzione con dignità, disciplina e onore. O almeno facciano lo sforzo per provarci.
Articolo di Aurelio Sargenti apparso su La Regione il 5 giugno