Gehri e la valle incantata, ma basta!

Nel suo intervento del 17 ottobre, il presidente della Camera di commercio ticinese Andrea Gehri ha rilanciato la vecchia formula del “meno Stato, più impresa”. Ma questa ricetta, già sperimentata per decenni, ha prodotto un Ticino più fragile: salari fermi, potere d’acquisto in calo, servizi pubblici sotto pressione e una generazione di giovani costretta a lasciare il Cantone per costruirsi altrove un futuro dignitoso.

Lo Stato non è il problema, ma la condizione stessa perché l’economia funzioni. Ogni anno investe milioni in opere e servizi che permettono alle imprese di prosperare: dalla manutenzione delle strade al sostegno al turismo, dalla formazione professionale alle infrastrutture energetiche e digitali. Senza questo contributo pubblico non ci sarebbe crescita duratura, né competitività reale. Ogni azienda opera dentro un sistema costruito e sostenuto dallo Stato, che garantisce ciò che il mercato da solo non può assicurare.

Oggi non è lo Stato che deve “fare di meno”, ma sono le imprese che devono fare di più: innovare, investire nella qualità del lavoro e riallacciare il proprio ruolo al tessuto sociale da cui traggono forza. Perché un’economia che cresce disconnessa dalla società finisce per svuotarla.

Il Ticino ha bisogno di un nuovo modello economico, capace di superare logiche stanche e di rimettere il mercato al servizio del cittadino. Un’economia che metta al centro le persone, la formazione e salari che permettano di vivere dignitosamente. Solo restituendo valore al lavoro si potrà costruire un benessere condiviso e duraturo, capace di tenere insieme sviluppo e giustizia sociale.

Articolo di Marco D’Erchie, Direzione PS, apparso il 4 novembre 2025 su LaRegione

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