L’estate della musica è segnata di solito dai tormentoni, quei motivetti che senti a ogni piè sospinto e che in genere durano lo spazio di un mattino. La politica fiscale del Governo invece è un evergreen, tanto per restare nella metafora musicale. È un ritornello che da anni sentiamo senza sosta e senza requie: sgravi fiscali a beneficio dei più abbienti per un futuro economico radioso. La proposta del Dipartimento delle finanze per la modifica della legge tributaria non fa eccezione. Anche la motivazione è un evergreen: attiriamo i grandi contribuenti, che immetteranno nell’economia i soldi che non pagheranno in tasse e tutti quanti vivremo più felici e più contenti. Chi sostiene queste misure le definisce «moderne» e «al passo con i tempi». Sono favole alle quali ormai credono in pochi, in genere quelli che ne traggono beneficio. Il fatto è che i tempi moderni sono quelli dei sacrifici e dei tagli. Siamo alla vigilia di una manovra che ridurrà servizi e prestazioni, colpirà soprattutto le fasce della popolazione che sono in sofferenza per l’aumento dei premi di cassa malati, per i prezzi che lievitano, per i salari di questo cantone che restano tra i più bassi della Svizzera. Sono interventi quelli che arriveranno dei quali i maggiori beneficiari degli sgravi fiscali se ne faranno un baffo, per loro l’orizzonte resta roseo. Dal 2017 gli sgravi fiscali sono costati allo Stato mancate entrate per 200 milioni, guarda caso quanto toccherà tagliare per rispettare il decreto che impone il pareggio di bilancio nel 2025. C’è un elemento etico sul quale bisogna insistere e combattere, non è solo una questione di politica fiscale.
Nel piano di Christian Vitta ci sono quattro interventi, un tentativo di accontentare un po’ tutti. In ogni caso in ognuno dei quattro settori di intervento (abbassamento dell’aliquota massima per le persone fisiche dal 15 al 12%, aumento delle deduzioni per spese professionali, riduzione dell’aliquota sul prelevamento dei capitali pensionistici, riduzione delle imposte sulle donazioni e allargamento delle successioni) vale lo stesso principio: i grandi guadagni ricevono forti benefici, per le fasce medie o medio-basse briciole oppure nulla. In sostanza illusioni che per queste ultime svaniranno quando arriveranno i tagli della manovra di rientro. È il regno dell’ingiustizia, basato sulla falsa idea che chi guadagna cifre dal mezzo milione in su reinvestirà nelle imprese o nella società, mentre la realtà dice che le grandi fortune continuano a investire sul capitale. C’è poi un falso mito, quello dei grandi ricchi e dei super- manager che fuggono in massa dal Ticino, che li perseguita con un fisco punitivo. Le cifre dicono che non è proprio così, visto che il numero di persone con una sostanza superiore ai 5 milioni è quasi raddoppiato dal 2013 al 2019, mentre i casi di tassazione con redditi superiori a 200.000 franchi sono aumentati del 20%. Non dobbiamo rincorrere i paradisi fiscali, siano essi Zugo o Obvaldo, che hanno condizioni totalmente diverse, si appoggiano su grandi realtà urbane e possono quindi operare in modo aggressivo sul piano fiscale.
Eppure è la strada che la maggioranza di Governo e Parlamento ha scelto di percorrere. Più che un tormentone estivo (che almeno ha il pregio di passare in fretta) o un evergreen, questo è diventato un disco rotto.
Maurizio Canetta, Granconsigliere. Articolo apparso sul Corriere del Ticino il 18 agosto