Nel 2025 l’energia elettrica costerà, in media, il 10% in meno. Una buona notizia. Tuttavia, le tariffe dell’energia erano aumentate del 27% nel 2023 e del 18% nel 2024. Quindi, il calo previsto porterà a prezzi che resteranno comunque su livelli molto più elevati di quelli precedenti lo scoppio della guerra in Ucraina. Parte del problema sta nella componente del prezzo che è determinata dalle tasse o dal costo della rete. Ne abbiamo parlato col consigliere nazionale Bruno Storni, esperto di questioni energetiche, che si è espresso anche sulla prevista revisione del WACC, che dovrebbe portare ulteriori risparmi per i consumatori
Malgrado il calo delle bollette previsto per il 2025, in media del 10% a livello nazionale, il mercato dell’energia elettrica continua a presentare diverse criticità in Svizzera. Ne riassumiamo di seguito alcune, delle quali abbiamo parlato col consigliere nazionale Bruno Storni.
Bollette indecifrabili
Il primo punto sul quale vogliamo soffermarci è semplicemente quello della trasparenza. Molte, troppe persone non riescono a decifrare le proprie bollette. L’ACSI lo sa bene, viste le richieste che giungono al nostro servizio di consulenza InfoConsumi.
Soltanto una parte minoritaria di quello che si paga serve a coprire il costo dell’energia elettrica vera e propria. Vi sono poi tutta una serie di altre spese. Alcune sono legate al costo della rete, altre sono invece delle tasse. Ma spulciando alcune bollette appartenenti alle differenti aziende elettriche attive sul territorio, ci si rende rapidamente conto che le diciture non corrispondono. Alcune aziende raggruppano le varie voci di spesa sotto dei cappelli generali.
Abbiamo chiesto al deputato Storni cosa ne pensa: “questo caos è problematico, perché la gente così non capisce cosa paga. Il fatto che non si riesca ad accordarsi su uno standard comune per le diciture nelle fatture è anche un sintomo dell’inefficienza del sistema. Ogni azienda è come un piccolo reame che funziona a modo proprio”.
Troppe spese per la rete e troppe tasse
“I costi fatti pagare ai consumatori da parte di alcune aziende per l’uso della rete sono eccessivi”, sostiene Bruno Storni. Si tratta di spese legate al trasporto dell’energia. Effettivamente, si notano discrepanze notevoli. “La SES, per esempio, della quale io sono un utente, è molto cara rispetto alle altre”.
Bruno Storni è particolarmente critico sulla cosiddetta tassa per l’utilizzo del demanio pubblico. “È illegale, andrebbe eliminata. È stata inventata ad hoc quando c’è stata la liberalizzazione del mercato dell’elettricità nel 2009. Me lo ricordo molto bene perché sedevo in Gran Consiglio. C’era il problema di sostituire le entrate delle privative, che erano già di fatto una tassa comunale a carico dei consumatori”.
Proprio la tassa per l’uso del demanio pubblico subirà fra l’altro un aumento del 10,7% nel 2025. “I consumi di energia sono calati nel 2023, e per permettere alle aziende elettriche di guadagnare come prima, vengono aumentate queste tasse”, sostiene Storni. Ma come mai questa tassa sarebbe addirittura illegale? “Perché viene recepita solo sull’elettricità, e non per esempio per l’acqua, il gas, la fibra e così via. C’è quindi una disparità di trattamento”, spiega il deputato ticinese. Che è critico anche su un’altra tassa, quella per la riserva, introdotta dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
“È come minimo esagerata, ma secondo me non doveva esserci del tutto. La necessità di creare questa riserva di fatto non c’era. Si è trattato di uno psicodramma dato dalla somma di due fattori: la chiusura dei rubinetti del gas russo da parte di Putin e la chiusura per manutenzione di un grande numero di centrali nucleari francesi. Il Tribunale federale, esprimendosi su un ricorso, ha stabilito in seguito che non vi era alcun reale rischio di penuria”.
Un ultimo punto: anche la componente delle tasse può cambiare da una bolletta all’altra, anche se nel concreto, sono quasi tutte uguali. Si può citare l’esempio di Chiasso, dove l’AGE ha introdotto una tassa comunale per le rinnovabili.
Le aziende elettriche giocano in borsa, ma la partita è truccata
Il costo dell’energia elettrica sul mercato è calato nettamente rispetto ai picchi del 2022. Tuttavia, la discesa del costo delle bollette è lenta e contenuta. Come mai? Le aziende elettriche generalmente acquistano l’energia spalmata su 3 anni. Significa che ogni anno comprano un terzo di ciò che gli serve per i tre anni successivi. L’idea è che in caso di improvvise impennate, si possa così attutire il colpo. Ma Bruno Storni non è convinto.
“Dalla liberalizzazione del 2009, le aziende sono diventate dei grandi consumatori e non devono più rifornirsi dall’Azienda Elettrica Ticinese. Possono andare sul mercato e comprare dove vogliono. Quindi si sono messe a speculare, magari per esempio acquistando energia prodotta a basso costo con le centrali a carbone tedesche, anziché il rinnovabile ticinese, più caro”. Il problema è che quando fanno bingo e la speculazione funziona, i consumatori non ne approfittano.
“La SES ha fatto 25 milioni di utili l’anno scorso, e li ha aggiunti alle sue riserve di oltre 300 milioni. Queste riserve non hanno alcun senso visto che queste aziende sono dei monopoli, non vi è alcun rischio di impresa, i clienti sono “prigionieri”. Quindi questo denaro andrebbe ridistribuito agli utenti: per esempio poteva essere usato nel 2023 e nel 2024 per assorbire il colpo della guerra in Ucraina. Non va bene neppure se i proventi di queste speculazioni vengono distribuiti ai Comuni. Tanto più visto che invece quando le speculazioni vanno male, come è accaduto a chi ha dovuto comprare nel 2022, gli utenti vengono chiamati alla cassa”.
La revisione del WACC è positiva, ma insufficiente
Il Consiglio federale ha annunciato quest’anno l’intenzione di adeguare il WACC (costo medio ponderato del capitale) per il settore elettrico. Proprio Bruno Storni aveva già depositato una mozione in Parlamento in tal senso. Il WACC determina il tetto massimo che le aziende elettriche possono prelevare per l’uso delle reti.
Con le modifiche del Consiglio federale si prevede per i consumatori un risparmio di 127 milioni all’anno dal 2026. Un passo avanti. Tuttavia, sia secondo Mister Prezzi che secondo il deputato Storni, il risparmio al quale si dovrebbe ambire dovrebbe essere ben maggiore: attorno ai 300 milioni secondo Storni, attorno ai 250 milioni secondo Mister Prezzi. L’Associazione delle aziende elettriche svizzere (AES) ha da parte sua già levato gli scudi, attaccando la proposta del Consiglio federale.
L’ACSI ha partecipato alla procedura di consultazione proprio sulla revisione del WACC, sostenendo da un lato i passi avanti che grazie a questo adeguamento permetterebbero effettivamente dei risparmi ai consumatori dal 2026, ma dall’altro sottolineando le criticità che impediscono risparmi ancora maggiori.
Articolo di Bruno Storni, pubblicato su la Borsa della Spesa, luglio 2024.