All’inizio del XIX secolo la popolazione mondiale era di circa un miliardo di abitanti, oggi, dopo circa 200 anni, siamo a 8 miliardi, entro il 2100 saremo forse tra i 10 e 11 miliardi, anche se queste stime sono sempre sottoposte a revisioni, e poi fortunatamente la popolazione mondiale non dovrebbe più crescere, mettendo ulteriormente sotto pressione l’ambiente naturale, già in seria difficoltà.
L’esplosione della popolazione umana in un tempo brevissimo rispetto a quello di vita del nostro pianeta ha avuto notevoli conseguenze sulle prospettive della vivibilità, poiché l’intervento umano ha modificato in pochissimi anni molte cose. L’agricoltura, l’allevamento, la deforestazione, l’industrializzazione, l’uso massiccio delle fonti di energia fossile, l’inurbamento, l’estrazione mineraria ecc., utili alla sopravvivenza umana e alla costruzione del benessere per una parte della popolazione, hanno lasciato segni profondi sull’ecosistema, che solo chi non vuol vedere tenta oggi di negare, pur di fronte all’evidenza.
In questo quadro difficile, la previsione di una stabilizzazione della popolazione entro la fine di questo secolo dovrebbe essere rallegrante, perché quantomeno ci indica che gli sforzi giganteschi richiesti alle generazioni attuali per cercare di ridurre i danni ambientali prodotti nel passato e nel presente non saranno resi vani da un aumento illimitato e fuori controllo della demografia, e quindi dei bisogni umani.
Invece no. Sciaguratamente e contrariamente a quanto ci si attenderebbe, c’è ancora chi da noi sostiene la necessità di avere più figli, in nome di una nuova eugenetica sovranista, che in barba alle necessità globali, punterebbe a riequilibri demografici Paese per Paese. Il nemico numero uno è naturalmente l’immigrazione, anche quella dei bambini, combattuta sulla base di teorie della differenza culturale che nascondono malamente il semplice e atavico razzismo.
L’ultima esplicitazione pubblica di questa tendenza la si è vista di recente a Roma, alla presenza della destra italiana e del multimiliardario delle auto elettriche.
La stabilizzazione della popolazione umana e una sua decrescita dovrebbero essere riconosciute come una manna per la sopravvivenza dell’uomo. Anche se per decenni ci sarà da affrontare la grossa ondata degli invecchiamenti, fenomeno che merita una discussione a parte, non è immaginabile pensare di ragionare sul futuro parcellizzando le politiche demografiche nei singoli Paesi, senza guardare al complesso. Le politiche di accompagnamento alla natalità e alla conciliabilità famiglia-lavoro vanno potenziate, ma per permettere a chi desidera di avere dei figli (o di adottarli) di farlo senza crucci finanziari o altre costrizioni, non certo per combattere l’immigrazione, che se ben gestita non è altro che l’espressione della naturale tendenza dell’uomo a cercare condizioni di vita migliori
Articolo di Manuele Bertoli, già consigliere di Stato, apparso sul Corriere del Ticino. 22 dicembre 2023.