Dire no è logico non ideologico

Il voto del 9 giugno sulla riforma fiscale non è una questione tra destra e sinistra, non è un voto ideologico, ma un voto logico. La maggioranza di governo e parlamento ha voluto un pacchetto completo e ha rifiutato di discutere i singoli elementi della riforma. È una tecnica ben nota: mettiamo tutto nello stesso calderone, così potremo accusare chi è contrario di non volere il bene comune. Il fatto è che tre misure della riforma sono condivisibili e condivise (riduzione dell’aliquota sui prelevamenti dei capitali di cassa pensione, aumento delle deduzioni per spese professionali, riduzione delle aliquota per i passaggi di proprietà nelle aziende di famiglia).

Al punto che il Partito socialista e i Verdi hanno già presentato gli atti parlamentari da introdurre subito nel caso in cui il referendum passi.

Restano la riduzione dell’aliquota massima per i super-salari, ovvero per chi guadagna più di 30 mila franchi al mese e la riduzione lineare dell’ 1,66% per l’imposta sul reddito. Lo specchietto delle allodole del «paghiamo tutti meno tasse» con la misura dell’1,66% ha subito allarmato i Comuni, che si trovano con un gettito ridotto a preventivi già elaborati. Mendrisio, ad esempio, annuncia un milione e mezzo in meno. Conseguenza: si aumenterà il moltiplicatore, dunque si pagheranno più tasse. Favorire i super-salari è un controsenso sia per ragioni di sostanza che di scelta del momento. Viviamo un periodo delicato con salari erosi dall’inflazione, premi di cassa malati che aumentano ogni anno, affitti che crescono, prezzi di ogni genere che salgono.

Chi guadagna più di trentamila franchi al mese non ha ovviamente le preoccupazioni della maggioranza della popolazione. Regalare loro decine o centinaia di migliaia di franchi pensando che, attratti dagli sgravi, super-manager e salariati d’oro vengano a frotte in Ticino, è solo un’illusione, contraddetta dalle cifre, che dicono: il loro numero è sostanzialmente stabile. E poi: con quei livelli di reddito sono altre le motivazioni che spingono a scegliere una residenza. Scuole, trasporti, tranquillità e stabilità sociale, possibilità di non essere visibili, clima.

Tutti elementi che il Ticino possiede in abbondanza.

Certo, se continuiamo ad abbassare le tasse ai più facoltosi e nello stesso tempo tagliamo sul sostegno alle categorie più fragili e nel settore sociale, apriamo il campo all’inquietudine e al malcontento, perché la gente vede e subisce la riduzione dei servizi, mentre fatica sempre di più a far quadrare i conti. Non è certo un clima sociale che attira i grandi contribuenti. Ecco perché la logica dice di votare «no» alla riforma fiscale.

Articolo di Maurizio Canetta, granconsigliere PS, pubblicato sul Corriere del Ticino 8maggio 2024

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