Come ti frego il salario minimo

Quello che sta accadendo in questi giorni in alcune aziende del Mendrisiotto deve preoccupare e allarmare non solo i sindacati e i lavoratori, ma l’intera classe politica, soprattutto quella momò. Stiamo assistendo ad un esperimento inquietante, da parte del padronato, di sferrare il colpo di grazia al mercato del lavoro della zona di confine. L’obiettivo è quello di aggirare l’introduzione in seno alla propria azienda di un salario minimo, votato dalla popolazione e inserito nella costituzione cantonale, per continuare a praticare il dumping salariale, favorendo la mano d’opera non qualificata, per poter continuare a sfruttare la posizione e le condizioni socio economiche del Ticino senza portare alcun valore aggiunto, ma lucrando sulle spalle dei propri dipendenti.

Questo si è reso possibile grazie a una “scappatoia” che la legge sul Salario minimo darebbe ai datori di lavoro, ovvero quella di aderire a un Contratto collettivo di lavoro (CCL). I CCL dovrebbero essere uno strumento sindacale per garantire pari condizioni di lavoro in uno specifico settore lavorativo. Se il sindacato è degno di tale nome, durante la stipula di un CCL si cerca di apportare condizioni migliori rispetto alle condizioni minime imposte dalla legge. In questo caso invece il CCL è usato per NON garantire ciò che la legge sul Salario minimo impone, ma bensì garantire al padronato la stessa forza contrattuale precedente per continuare a pagare i propri dipendenti al di sotto di quanto considerato dignitoso dalla nostra Costituzione.

Il “sindacato” che si è prestato a tale operazione è la fantomatica associazione TiSin, i cui esponenti portano il nome, tra gli altri, di Boris Bignasca e Sabrina Aldi, volti di spicco della Lega dei ticinesi, quel partito che per trent’anni ha sbraitato contro i frontalieri, contro chi veniva per un tozzo di pane a portare via il lavoro ai ticinesi. Proprio la Lega, quella che negli ultimi 10 anni, con due Consiglieri di Stato e una maggioranza relativa in parlamento, non ha mai realmente tentato di arginare il numero di frontalieri che ha ormai superato le 70mila unità, si è ben guardata in questi anni dal votare qualsivoglia proposta per migliorare le condizioni di lavoro in Ticino a favore della classe lavoratrice. Con questa ultima trovataparte della classe politica leghista si traveste goffamente da sindacato offrendo la propria collaborazione ai padroni che vogliono continuare a sfruttare la forza lavoro in condizioni che la nostra costituzione cantonale consideraal di sotto di quanto definito “per assicurare un tenore di vita dignitoso”.

Oggi “TiSin” , come già scritto da Giangiorgio Gargantini di Unia: “ha creato un quadro legale ad hoc per poter continuare a sfruttare coloro che fingono di voler allontanare dal mercato del lavoro ticinese. E prendendosi per altro gioco in modo evidente della volontà popolare.”

Di fronte a questo sopruso delle leggi, dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, sia i sindacati, sia i partiti devono prendere una posizione chiara e netta sulla vicenda. Se davvero si vuole un miglioramento delle condizioni di lavoro nel Mendrisiotto e in generale in Ticino, episodi come quelli a cui stiamo assistendo vanno condannati e creata una pressione tale da obbligare i datori di lavoro a tornare sui propri passi e far fronte a quanto previsto dalla Costituzione, senza più dare spazio di manovra ad associazioni montate ad hoc che di sindacale non hanno neanche il minimo.

Lucio Negri, PS Mendrisiotto e Basso Ceresio apparso su Tio, il 9 settembre 2021

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