Come mi (s)vesto lo decido io!

Il diritto all’autodeterminazione può sembrare qualcosa di acquisito e intoccabile. Ma è davvero così? A farci riflettere al riguardo è l’ennesima discussione sul velo integrale, che sta tornando sulla bocca di tutti grazie all’iniziativa in votazione il 7 marzo e che vuole inserire nella Costituzione il divieto della dissimulazione del viso: un codice di abbigliamento che limita diverse libertà fondamentali senza che ci sia un vero interesse pubblico. Gli iniziativisti, persone vicine alla destra conservatrice, sostengono di opporsi al velo integrale per parità di genere e contro l’oppressione femminile. Una novità! E sarà forse perché questi non sono i loro punti forti che stanno facendo un grave errore di valutazione. Non è infatti punendo una trentina di donne che portano il velo integrale in Svizzera che si combatte l’oppressione femminile, anzi. Da un lato si puniscono ulteriormente le donne vittime dell’obbligo, dando loro una multa o costringendole in casa; dall’altro si viola il diritto all’autodeterminazione delle donne che scelgono di coprirsi. Se gli iniziativisti volessero davvero una società fondata sulla parità di genere, dovrebbero iniziare a promuovere tutte quelle politiche di integrazione, di formazione e di lavoro che permettono veramente alle donne di raggiungere l’indipendenza economica e sociale. Noi donne, tra tutti, sappiamo quanto possono essere restrittivi i codici di abbigliamento, sia che siano imposti culturalmente o patriarcalmente. Quindi diciamo: No al divieto di dissimulazione del viso, No ai codici di abbigliamento. Perché non vogliamo che delle donne già vittime di violenza siano ulteriormente vittimizzate, e perché anche noi vogliamo vestirci a nostro piacimento – senza vincoli religiosi, culturali, patriarcali e neppure statali!

Articolo di Nancy Lunghi, apparso su La Regione il 5 febbraio

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