Automazione, disoccupazione e socialismo

Uno dei grandi problemi dell’opinione pubblica è la poca lungimiranza. È difficile pensare nell’arco di anni o addirittura decenni. La grande contraddizione, però, è che le scelte fatte oggi decideranno il mondo che ci troveremo ad abitare un domani e, non sempre, potremo tornare indietro. Un tema su cui oggi necessario prestare attenzione è l’automazione del lavoro. Infatti, la velocità con cui la tecnologia avanza, rende impossibile normare successivamente il settore. È quindi necessario giocare d’anticipo. Per farlo, possiamo basarci sula direzione che le nuove tecnologie stanno prendendo e, in particolare, sui cambiamenti che le intelligenze artificiali porteranno nel mondo del lavoro. 

Queste AI, che per ora non sono del tutto sviluppate, nei prossimi anni subiranno notevoli miglioramenti portandole ad essere una valida alternativa al lavoro umano. Viene quindi spontanea una domanda, se una macchina può sostituire il mio lavoro, come faccio a non finire disoccupato/a? 

La risposta è che non si può, non in questo sistema. Infatti, per via dei meccanismi che regolano la nostra economia, ogni nuova automazione spinge i padroni a rinunciare al personale non necessario e, quindi, a licenziare. E tutto questo, purtroppo, è inevitabile. Anche se proibissimo l’utilizzo di questi strumenti, in un mondo globalizzato, qualcuno li implementerebbe diventando un difficile concorrente. 

Per risolvere queste problematiche è quindi necessario pensare un nuovo modello di società, un sistema che vada nella direzione del post-lavoro. Per andare in questa direzione, però, è necessario mettere in discussione due degli assiomi che hanno caratterizzato l’economia delle società capitaliste: la necessità di lavorare e l’economia alimentata dalla ricerca del profitto privato. Il primo punto è facile da capire, se molti settori verranno sostituiti dall’automazione si devono redistribuire i lavori in cui è necessaria la presenza umana. La settimana lavorativa di 25 ore a parità di salario, per esempio, è un ottima proposta per permettere a tutt* di lavorare meno e meglio. Inoltre, e qua si inserisce il secondo assioma, questa tecnologia non ha richiesto alle nostre aziende un investimento e, quindi, non giustifica un aumento dei profitti privati (realizzato tagliando il capitale umano). 

Siamo nei decenni di una nuova (inevitabile) rivoluzione economica. Saremo pronti ad affrontarla?

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