Asilo: l’indifferenza che nega il diritto

Il diritto all’asilo nel nostro Paese viene purtroppo sostanzialmente messo in discussione. Vi sono Cantoni che non vogliono fare la loro parte nella ridistribuzione dei richiedenti, in generale questa politica è largamente «militarizzata », con centri che tendono a sembrare più a prigioni che a luoghi d’accoglienza, e vi sono spinte nei Cantoni per spendere il meno possibile, facendosi bastare il denaro proveniente da Berna, proprio quando sotto la cupola federale si taglia. Così la presa a carico delle persone diventa problematica, la trattazione rapida delle pratiche anche, e il sistema fatica. Nel 2023 la spesa federale per la politica della migrazione è stata di 3,4 miliardi, ma l’incidenza sui contribuenti tramite l’imposta federale diretta è stata mediamente di 68 franchi a testa, molto meno per i contribuenti di classe non benestante. Un costo cresciuto rispetto al passato, a seguito delle conseguenze dell’aggressione russa dell’Ucraina, ma senza dubbio accettabile per una politica importante, soprattutto in questi momenti di scombussolamenti geopolitici.

Per ridurre i costi a Berna in Parlamento si cercano scorciatoie, come vietare o limitare fortemente i ricongiungimenti familiari, o definire le zone dell’Ucraina dalle quali sarebbero accettabili i rifugiati, o ancora scartare sostanzialmente le domande provenienti da Paesi cosiddetti sicuri. Ma siccome la realtà della migrazione è molto complessa, si tratta di grossolanerie che poco risolvono e che in sostanza vanno nella direzione di negare, fetta dopo fetta, il nocciolo di questo diritto umano, che prevede che ogni richiesta venga vagliata tenendo conto della situazione personale del richiedente.

Il ricorso alle procedure d’asilo avviene certamente anche da parte di persone che non rispondono ai requisiti legali attuali, perché non tutti possono sostenere che nel Paese da cui provengono siano esposti o abbiano ragione di temere di essere esposti a seri pregiudizi. Ma chi conosce un po’ questa realtà sa benissimo quanto possa essere difficile giudicare con equità dei bisogni altrui. Nella mia esperienza ho letto molte decisioni su questo tema e non di rado mi sono imbattuto in giudizi sbrigativi o aberranti, che nessuno di noi mai accetterebbe se fossero espressi nei nostri confronti.

Questa stessa reazione la si osserva ogni tanto quando le comunità locali si mobilitano per questa o quella persona o famiglia di richiedenti asilo che conoscono, ma se si torna al dibattito generale questo affaccio di umanità scompare rapidamente nell’indifferenza.

La responsabilità di questa pressione sul diritto d’asilo non è solo dei politici, ma è anche del popolo, perché è il popolo, con le sue decisioni in votazione popolare e i suoi orientamenti, ad indicare la strada. Il diritto d’asilo è stata una conquista di civiltà e la sua difesa sostanziale è un dovere civile di tutti contro la barbarie: ma in democrazia le conquiste non sono mai date per sempre e vanno protette giorno per giorno.

Articolo di Manuele Bertoli apparso su Il Corriere del Ticino il 9 maggio

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