Un servizio pubblico tutto da recuperare

A corto di macchinisti le FFS hanno dovuto tagliare 200 collegamenti, in parte sostituiti con autobus, mancano anche 100 assistenti alla clientela sui treni, eppure la politica negli ultimi decenni ha successivamente messo a disposizione importanti mezzi per aumentare e migliorare l’offerta, Alptransit 23 miliardi, corridoio 4 metri da 900 milioni, Durchmesserlinie a Zurigo 1,5 miliardi, CEVA a Ginevra 2 miliardi, dal 2015 il Fondo per l’infrastruttura ferroviaria da 5 miliardi all’anno. Più binari in esercizio, più binari in costruzione, dal 2000 i passeggeri sono aumentati del 75%: ma che cosa fanno le FFS? Nel 2016 il CEO Meyer annuncia il programma Railfit 20/30 per tagliare 1.400 posti di lavoro entro il 2020. Annulla per almeno due anni i corsi per la formazione di nuovi macchinisti.

Già qualche anno prima erano iniziati i tagli nella manutenzione, nel 2008 decidono la chiusura delle Officine di Bellinzona (400 posti di lavoro), c’è voluto lo sciopero per farli ritornare sulla decisione. Risultato? Ritardi, treni sporchi o sovraffollati, incidenti, riduzioni del servizio: come ammette ora il neodirettore Ducroz i disservizi cresciuti negli ultimi anni sono dovuti, oltre che alla carenza di macchinisti anche all’insufficiente dotazione di materiale rotabile e carenze nella manutenzione. C’è da chiedersi dove saremmo finiti senza la manutenzione che le Officine di Bellinzona hanno offerto in questi 12 anni.

Chiaramente gli oltre 32 mila collaboratori/trici stanno dando il massimo per offrire, seppur in condizioni problematiche, un servizio di trasporto di persone e merci che rimane uno dei migliori al mondo.

L’esempio delle FFS mostra che è giunto il momento per una riflessione sulla nuova gestione introdotta con il passaggio 20 anni fa da regia federale a società anonima a statuto speciale, trasformazione adottata anche per altre ex regie per le quali, come per le FFS, il concetto di servizio pubblico ha perso posizioni.

Oltre alle FFS abbiamo La Posta che chiude uffici postali (anche per colpa nostra, non spediamo più lettere e i pagamenti li facciamo online), Autopostale che imbrogliava la Confederazione incassando sussidi non dovuti per finanziare avventure imprenditoriali in Francia, idem per BLS che pure ha nascosto incassi per gonfiare i sussidi federali e Ruag che aveva fatturato alla Confederazione costi esagerati per la manutenzione di turbine di velivoli militari.

Situazione complessa anche per Swisscom SA che da ex regia federale con il monopolio naturale della rete telefonica fissa con la liberalizzazione e l’avvento della telefonia mobile ha dovuto confrontarsi con aziende private internazionali, perdendo clienti dalla rete fissa. Lo sviluppo tecnologico corre in fretta ed espone la rete telefonica diventata un ipercomplesso sistema informatico di comunicazione a rischio di blackout e ciberattacchi, ma Swisscom SA deve produrre dividendi essendo quotata in Borsa e nel contempo garantire il servizio universale. Perfino l’ex regia degli alcolici trasformata in SA ci ha fatti trovare in piena pandemia senza etanolo.

Problemi e disfunzioni nel servizio pubblico di varia natura, ma che evidenziano come il processo di trasformazione da regia federale a società anonima a statuto speciale non sia sempre filato liscio arrivando appunto al recente grottesco caso delle FFS che sostituiscono treni con autobus malgrado investimenti mai visti per nuove strade ferrate. Dopo il rapporto 2019 all’acqua di rose sul governo d’impresa delle quattro ex regie a seguito del caso sussidi Autopostale si attende quello richiesto nel postulato Abate 18.4274, ma con quanto successo nuovamente con le FFS ritengo giunto il momento di definire quali nuovi strumenti di controllo e di indirizzamento il Consiglio federale debba adottare per riportare al centro il mandato di servizio pubblico e una distribuzione geografica dei posti di lavoro che riconsideri le regioni periferiche dopo il salasso provocato in Ticino.

L’affermazione del nuovo direttore Crottaz di riportare il servizio pubblico al centro della politica delle FFS è molto positiva, ma non dovrebbe essere una decisione à la carte del CEO di turno bensì un chiaro mandato della Confederazione.

Articolo di Bruno Storni, apparso sul Corriere del Ticino il 14 dicembre

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