Il 30 agosto 2010 ricorre il 45.mo anniversario della catastrofe di Mattmark una tragedia che gettò nel lutto le famiglie di ottantotto lavoratori travolti dalla furia spaventosa del ghiacciaio Allalin nelle Alpi del Vallese dal quale si staccò la punta (due milioni di metri cubi di ghiaccio) precipitando a valle con la sua forza distruttrice sulle baracche del cantiere in cui alloggiavano i lavoratori impegnati nella costruzione della diga di Mattmark. Ben cinquantacinque dei lavoratori caduti erano italiani e di essi diciassette provenivano dalla Provincia di Belluno che pagò quindi un prezzo elevato in vite umane.
Una tragedia che è tuttora profondamente scolpita nella memoria delle comunità di appartenenza dei lavoratori deceduti e nella comunità italiana in Svizzera che proprio in quegli anni difficilissimi caratterizzati dai tanti luoghi comuni sugli italiani e dai sentimenti ostili della destra xenofoba e antistraniera dovette confrontarsi con una tragedia che metteva a fuoco le pesanti condizioni lavorative di tutela della salute e abitative degli emigrati in Svizzera.
Il ricordo è naturalmente ancora dolorosissimo per le famiglie che persero i loro cari così come per l’associazione dei Bellunesi nel Mondo che a quell’immane tragedia deve l’atto fondativo della propria nascita. Associazione che sarà presente in forza alle manifestazioni commemorative che si terranno il 3 e 4 settembre a Briga e su alla diga di Mattmark dove si consumò una delle tante tragedie del lavoro italiano nel mondo.
Quest’anno la ricorrenza della catastrofe di Mattmark assume oltretutto un significato ancora più marcato: il 30 agosto 1965 era un lunedì ed anche il 30 agosto prossimo cadrà di lunedì! La ferita evidentemente non è ancora rimarginata e alle manifestazioni civili e religiose promosse dalla Colonia italiana di Briga dal Comites del Vallese e dall’aBM parteciperanno numerose autorità religiose con in testa il vescovo di Belluno-Feltre Mons. Giuseppe Andrich i rappresentanti del Parlamento italiano con il sen. Gianvittore Vaccari e l’on. Franco Narducci oltre che numerosi sindaci provenienti dalla Provincia di Belluno e una folta rappresentanza di consiglieri dell’associazione Bellunesi nel Mondo.
l’immagine che si presentò agli occhi dei sopravvissuti e dei soccorritori la mattina dopo la tragedia era terrificante: la massa di ghiaccio precipitata dalla cima della montagna copriva come un enorme lenzuolo bianco tutto e tutti – uomini macchinari e materiali.
All’appello mancavano tanti nostri connazionali provenienti da ogni parte dell’italia: Veneto Calabria Trentino Friuli Emilia Abruzzo Campania Puglia Sardegna Sicilia Molise. Un mosaico che rappresentava – dal Nord al profondo Sud – un’italia molto diversa da quella odierna che aveva il coraggio di costruire e di lottare per riscattare la propria condizione di miseria grazie anche alle rimesse in valuta fatte da centinaia di migliaia di cittadini emigrati. Un’italia che scommetteva ancora sul bene comune forte della sensazione d’essere dentro una storia che va avanti; e che contribuiva con le braccia dei propri emigrati a costruire il benessere di tante nazioni e in particolare della Svizzera. Quella Svizzera che proprio nel 1965 per l’esattezza il 14 di febbraio sull’onda dei sentimenti xenofobi che avevano fatto presa in larghi strati della popolazione aveva adottato una decisione inumana: la chiusura delle frontiere e l’arresto immediato delle persone sprovviste di un permesso di residenza. Un capestro che nell’arco di qualche settimana provocò l’aspulsione di migliaia di emigrati sprovvisti dei requisiti fissati dalla legge. I malcapitati non sapendo cosa fare e privi di assistenza da parte delle autorità italiane si accamparono nelle vicinanze del confine con la Svizzera dove bivaccarono per giorni e giorni al freddo e in condizioni disumane.
Questa estate meteorologicamente incomprensibile che ci lascia in eredità un carico di disastri e di tragedie terribili come quella del Pakistan riporta in primo piano il ruolo di uomini e donne a proposito dei cambiamenti climatici e delle catastrofi che ne conseguono. Sotto questo profilo Mattmark ci richiama pesantemente alle nostre responsabilità: i tecnici ritennero che il pericolo di smottamento del ghiacciaio si potesse individuare o addirittura escludere unicamente in base alla storicizzazione degli eventi alla loro ripetitività e a prove campione effettuate. Un atteggiamento fatale per le persone occupate nella costruzione della diga. Oggi sappiamo che il ritiro dei ghiacciai iniziato già nei decenni precedenti la sciagura è alla base della catastrofe di Mattmark. Pochi anni fa tra il 30 e il 31 luglio del 2000 da quel ghiacciaio si è staccata una massa di oltre un milione di metri cubi ma i danni sono stati evitati grazie alla predisposizione di misure di sicurezza adeguate.
Tragedie come quella di Mattmark riportano in primo piano anche i sacrifici immani fatti dalle prime generazioni di emigrati e gli episodi amari che essi hanno vissuto. Per molti anni sul tributo di sangue pagato dagli italiani espatriati è stato steso un velo di oblio e soltanto negli ultimi decenni l’italia – grazie soprattutto alle Regioni – è tornata ad occuparsene. Lo dobbiamo tenere in alta considerazione all’alba della ricorrenza del 150mo anniversario dell’unità d’Italia che si celebrerà nel 2011. I giovani italiani sanno poco o niente dei milioni di cittadini che abbandonarono la Patria pur continuando ad amarla e a sostenerla con fiumi di rimesse in denaro. Ricostruire la storia dell’emigrazione italiana ci aiuterà forse a capire molte cose del nostro passato e a ricollegare definitivamente le due Italie che rappresentano il nostro popolo. E’ davvero incomprensibile che nonostante gli appelli lanciati da ogni parte non s’introduca ancora l’insegnamento della storia dell’amigrazione nelle scuole dell’obbligo italiane un obiettivo che tra l’altro è stato postulato in una proposta di legge presentata da tempo in Parlamento.