Viviamo in un mondo dove la libertà degli individui, i loro diritti fondamentali, la loro dignità e la loro vita sono sistematicamente calpestati da un sistema socioeconomico mondiale a cui non basta più il potere, ma vuole e pretende la supremazia.
In questo contesto, la decisione del Gran Consiglio ticinese di abolire, con una maggioranza risicata, le cosiddette blacklist per gli assicurati morosi di cassa malati, rappresenta una scelta controcorrente, un segnale di speranza in un deserto di disillusione. Blacklist o, meglio, liste nere, liste di proscrizione, un termine che descrive bene quello che è stato in vigore in Ticino dal 2012.
Essere su una blacklist significa essere banditi, subire ritorsioni. In molti Paesi e periodi, soprattutto sotto regimi autoritari, si è fatto strumentalmente ricorso a liste nere per opprimere gruppi sgraditi o oppositori politici.
Oggi negli Stati Uniti d’America Trump sta sistematicamente usando le liste nere come “infrastruttura” amministrativa per applicare ordini esecutivi con lo scopo di identificare, isolare e rimuovere persone e programmi considerati non allineati.
In Svizzera essere su una blacklist significa perdere il diritto alle cure di base perché colpevoli di non aver pagato i premi di cassa malati. Una misura politica e amministrativa inaccettabile in un paese dove la Lobby degli assicuratori malattia è fra le più influenti a livello politico e condiziona i costi della sanità.
Secondo Kant ogni persona ha un valore che non può essere scambiato con nulla. L’individuo non ha prezzo, ma dignità. Condizionare il diritto alle cure al saldo del debito verso gli assicuratori malattia mercifica la persona attribuendole un prezzo e privandola così della propria dignità. Eppure la Costituzione federale è chiara: Confederazione e Cantoni devono garantire che “chiunque riceva le cure necessarie alla propria salute”.
La Commissione nazionale etica lo ha ribadito: le liste nere sono discriminatorie, inefficaci e dannose per la salute pubblica. Non riducono la morosità, colpiscono i più fragili, aumentano le disuguaglianze e finiscono spesso per generare costi sanitari più elevati. Ritardare un trattamento medico fino all’emergenza non è un risparmio, è un aggravio, causa costi maggiori, oltre a danni alla salute fisica e psichica.
Le testimonianze sono eloquenti: persone decedute perché escluse dalle cure, malati che hanno rinunciato a curarsi per anni, cittadini inseriti per errore nelle liste e incapaci di farsi cancellare. Sono l’esempio concreto di come una sanzione si trasformi in una violazione dei diritti fondamentali.
Le alternative ci sono: potenziare i servizi sociali con una presa a carico delle persone in difficoltà è molto più efficace delle sanzioni. Bisogna combattere il non ricorso alle prestazioni, un fenomeno sottaciuto, ma sempre più frequente!
Usare la paura come deterrente è una strada che non va percorsa. La salute non è in vendita, la dignità non si cancella con una e-mail all’indirizzo dell’Istituto delle Assicurazioni Sociali e conseguente notifica agli assicuratori malattia. In un mondo in cui le democrazie faticano a difendere i diritti fondamentali, il Ticino ha dato un segnale di civiltà.
Proibendo l’uso delle blacklist il Parlamento cantonale ha scelto la via della solidarietà e non quella della discriminazione.
Articolo di Ivo Durisch, capogruppo PS in Gran Consiglio, apparso il 6 ottobre 2025 su naufraghi