Lugano, 1. agosto. Mentre la città celebra la Festa nazionale, un gruppo di giovani appartenente al collettivo Junge Tat compare in piazza della Riforma con striscioni e slogan xenofobi. Non è la prima volta che accade in Svizzera e nemmeno in Ticino: azioni coordinate, simboliche, per diffondere un messaggio chiaro e preciso: «Non c’è spazio per chi è diverso ». È il ritorno del razzismo sbandierato, con volti sorridenti e striscioni in mano. Di fronte a tutto questo, ci saremmo aspettati una reazione immediata, forte, inequivocabile anche da parte delle istituzioni. Ci saremmo aspettati che il Municipio di Lugano, governo democratico di tutta la cittadinanza, rispondesse a questa manifestazione provocatoria ed intimidatoria che nella nostra Città non c’è posto per l’odio. Invece? Il silenzio. Nessuna condanna pubblica, nessuna dichiarazione. Come se nulla fosse successo.
E allora la domanda è inevitabile: perché? Quando a manifestare in piazza sono forme di pensiero alternativo e divergente, ma sempre democratico (e il pensiero facilmente corre alla difesa, alla solidarietà con paesi in guerra, a rivendicazioni giovanili) arrivano subito dall’autorità prese di posizione dure, dichiarazioni indignate in nome della legalità e dell’ordine pubblico. Ma quando a scendere in piazza è un gruppo dichiaratamente di estrema destra, di ispirazione filonazista, il Municipio tace. Questo silenzio pesa, perché non è neutrale, ma anzi lascia intendere che certe provocazioni non sono considerate un problema. Ed è proprio così che l’estremismo cresce: approfittando delle zone grigie, delle timidezze, delle omissioni. Quando la politica si gira dall’altra parte, i movimenti che predicano odio leggono un segnale di via libera. Come PS Lugano non possiamo accettare questo. Non possiamo accettare che nella nostra città si normalizzino discorsi e pratiche che appartengono al peggiore passato europeo e che esulano dalla convivenza democratica e anzi sfociano nell’illegalità. Non possiamo accettare che chi governa si rifugi in un silenzio complice. Perché le parole contano, i segnali contano. E oggi il segnale che arriva dal Municipio è inquietante. La libertà di espressione non è un alibi per diffondere odio e razzismo, per invocare deportazioni, per negare la dignità di persone che vivono, lavorano, costruiscono futuro qui. Non possiamo tollerare che qualcuno pensi di trasformare Lugano in un laboratorio dell’intolleranza. Lugano deve scegliere da che parte stare: vuole essere una città aperta, inclusiva, che difende i valori della democrazia e della convivenza? O vuole lasciare spazio a chi sogna muri, confini e liste nere? Non si può stare nel mezzo. Perché il silenzio di oggi è il terreno fertile per le violenze di domani. Non è allarmismo: è storia, ed è già accaduto. E chi governa, di fronte a questo, non può fare finta di niente. E quindi chiediamo al Municipio di Lugano: dov’è la vostra voce? Perché non avete condannato questa provocazione?
Lugano merita che i valori democratici non siano solo parole nei discorsi ufficiali, ma pratica quotidiana. E per quanto ci riguarda, continueremo a difenderli ovunque e per chiunque, senza esitazioni. Contro il razzismo, contro l’estrema destra, contro ogni silenzio complice. Sempre.
Filippo Zanetti, Tessa Prati e Nina Pusterla per il PS Lugano. Corriere del Ticino 7 agosto.