193 milioni di silenzi

Partiamo da un dato concreto, tratto dalle statistiche ufficiali sull’assistenza. Nel 2024-2025, circa 1’300 famiglie con figli minorenni ricevono l’assistenza. Nel 2017 i minorenni assistiti erano 1’772, pari a circa il 21,7 % del totale dei beneficiari. Essere in assistenza, per un minore, significa trovarsi in una situazione di povertà assoluta, che comporta non solo privazioni, ma anche problemi di salute legati a un’alimentazione povera, difficoltà di integrazione, ritardi nello sviluppo psichico e mancanza di motivazione, con conseguente rischio di abbandono precoce del percorso formativo e maggiore probabilità di dipendenza dagli aiuti sociali anche in età adulta. Per prevenire queste situazioni il nostro Cantone ha introdotto, già negli anni Novanta, gli Assegni familiari integrativi.

Purtroppo, oggi questo strumento non riesce più a svolgere efficacemente il suo ruolo, a causa anche dell’indebolimento operato dalla politica cantonale. Tra le cause principali figurano: l’introduzione del reddito ipotetico, ossia un reddito computato anche se non percepito, per le famiglie in cui entrambi i genitori non lavorano; una campagna intimidatoria, che paventava il ritiro del permesso di soggiorno ai beneficiari di assegni integrativi.

Anche in questo caso, i numeri parlano chiaro: se nel 2006 le persone beneficiarie di assegni integrativi erano 10’766, oggi sono 7’568, con una riduzione del 30%. Eppure, la situazione economica delle famiglie non è affatto migliorata, e la denatalità non ha registrato un aumento tale da giustificare un simile calo.

Secondo il Consiglio di Stato, gli assegni integrativi dovrebbero costituire lo strumento cardine della politica familiare cantonale. Ed è anche in nome di questa scelta che gli assegni familiari di base e gli assegni di studio sono tuttora fermi al minimo legale federale, mentre in molti altri Cantoni – con tassi di povertà inferiori e salari più alti – sono stati aumentati, grazie alla competenza riconosciuta a livello cantonale.

Analizzando i flussi finanziari della cassa cantonale di compensazione, è difficile condividere la linea del Consiglio di Stato. Gli assegni familiari sono finanziati dai datori di lavoro tramite una quota contributiva percentuale sulla massa salariale. Negli ultimi anni, a causa dell’esubero di entrate, tale aliquota è stata ridotta dal 2,05% nel 2019 all’1,70% nel 2024, ovvero una riduzione del 17%. Eppure, nonostante questo calo, il fondo di fluttuazione – pensato per garantire stabilità – ha continuato a crescere, raggiungendo il massimo storico di 193 milioni di franchi. A questo punto, sorge una domanda legittima: perché non aumentare gli assegni di base e di studio a favore di tutte le famiglie con figli al posto di “alleggerire” ulteriormente le aziende? Proprio quelle aziende che, quest’anno, hanno beneficiato di una riduzione delle imposte sull’utile del 30%. Un aumento di 50 franchi mensili per gli assegni di base e di studio sarebbe assolutamente sostenibile.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, si oppone a questa ipotesi, motivando la sua posizione con il rischio di un “effetto a innaffiatoio”, dato che tutti i nuclei familiari con figli ne beneficerebbero, anche quelli benestanti. Ci permettiamo di ricordare che ben più iniqui sono stati gli sgravi fiscali promossi dallo stesso Consiglio di Stato, quelli sì andavano principalmente alle persone facoltose. Per questi motivi, lo invitiamo a riconsiderare la propria posizione.

Articolo di Ivo Durisch apparso su La Regione il 20 giugno

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