Non pochi sono rimasti sconcertati dall’intervista del consigliere di Stato Raffaele De Rosa su laRegione dello scorso 29 ottobre: “La quarta età va scorporata dalla LAMal”. La giustificazione di De Rosa è sommaria e poco originale: vi è una correlazione fra età e necessità di prestazioni sanitarie (non proprio una scoperta). Ma la proposta, non solo sua, ha qualcosa di paradossale: è un po’ come escludere i disoccupati dall’assicurazione disoccupazione… La proposta ignora che le persone di salute mediamente buona pagano per 80 o più anni premi LAMal superiori alle spese che generano. Però verrebbero escluse dall’assicurazione negli anni in cui il rapporto premi/spese rischia di rovesciarsi, senza rispondere alla domanda decisiva: in media, nell’arco della loro vita, gli assicurati pagano più o meno di quanto poi ricevono soprattutto, ma non solo, nella quarta età? Nell’Avs la questione è più chiara: paghiamo fino a 65 anni e poi riceviamo. Nell’assicurazione malattia è diverso: paghiamo sperando di non ricevere mai, perché ciò significherebbe rimanere sani fino alla fine.
In realtà pagheremo fino a 80 o più anni per chi è più vecchio e vulnerabile di noi e poi riceveremo da chi è più giovane. Non è quindi una grande scoperta che scorporando la quarta età dalla LAMal si potrebbero ridurre i premi. Ma chi e come coprirebbe poi le spese di cura della quarta età? Non è forse razionale ed equo caricare sui premi che si pagano sin da giovani ciò che occorrerà poi quando in là con gli anni il rischio è di dover spendere più di quanto si paga? Se qualcuno ritenesse che ogni classe d’età dovrebbe pagare premi equivalenti alle sue spese, sarebbe bene che desse un’occhiata ai dati disponibili. Vedrebbe che in Svizzera, nel 2022, degli oltre 91 miliardi di costi totali per le cure sanitarie il 21% è generato dalle persone di oltre 80 anni la cui quota nella popolazione totale è meno del 5%. Se quei costi non li coprissero più i premi pagati da tutti (da ogni assicurato sin da quando è giovane) ma ricadessero solo sugli ultraottantenni, moltissimi non ce la farebbero: o li si lascia morire senza cure se non sono ricchi (è una soluzione?), oppure anche lì dovrebbe essere attivato un finanziamento che chiami alla cassa non solo la quarta età.
Senza dimenticare che non pochi ultraottantenni rimangono dei contributori netti dell’assicurazione malattia, pur con una serie di spese tipiche dell’età. Un esempio mi è stato fornito da un ottantenne che l’anno scorso ha avuto un infarto e che quest’anno ha registrato accuratamente le sue spese e i suoi rimborsi LAMal. Con la franchigia minima di 300 franchi, ha pagato un premio annuo di 5’000 fr. in cifra tonda. Ha preso medicamenti di cura/prevenzione delle malattie cardiovascolari ed effettuato diverse visite per rischi cardiaci e problemi di vista e udito: il costo globale fatturato per le prestazioni farmaceutiche e di cura si è aggirato sui 2’500 fr. e lui ne ha pagati direttamente circa 650 con le franchigie e partecipazioni. A carico dei suoi premi sono rimasti quindi 2’500-650=1’850 franchi. Poiché, come detto, ha versato premi per 5’000 fr., ha pagato quasi tre volte di più di quanto ha speso.
Prima dunque di buttar lì riforme “geniali” del tipo “scorporare la quarta età dalla LAMal per ridurre i premi”, sarebbe bene analizzare tutti i dati medi del bilancio premi/spese nell’arco della vita e di quello annuale nelle diverse fasce di età. Se poi quei dati non ci fossero sarebbero da raccogliere ed elaborare: anche De Rosa, penso, possa essere d’accordo.
Articolo di Martino Rossi, apparso su LaRegione del 9 novembre