Il peggioramento dei servizi postali non ha nulla a che vedere con i cambiamenti di abitudine dell’utenza. Si tratta invece di una scelta deliberata delle nostre autorità. I soli a guadagnarci saranno i gruppi finanziari, i quali, al momento opportuno, proporranno servizi postali privati, con minore qualità ma più cari, come sta succedendo in altri Paesi. Solo un forte e deciso intervento delle forze progressiste a livello nazionale potrà fermare questo processo distruttivo. In questo articolo ripercorriamo le vicende che hanno portato alla situazione attuale.
La Posta svizzera è stata istituita nel 1848. I servizi postali privati non funzionavano e l’economia aveva bisogno di un servizio postale efficiente. Fu il risultato dell’azione congiunta di due forze: quella della borghesia imprenditoriale e quella dei radicali che, in quel tempo, disponevano di una maggioranza schiacciante nelle istituzioni. Tutte le regioni del Paese ne trassero profitto. Da sempre le poste furono deficitarie perché offrire servizi postali ovunque non poteva evidentemente essere redditizio. Nel 1920 furono istituite le PTT (poste, telefoni, telegrafi). L’azienda unica e pubblica permise di sviluppare sinergie tra i diversi settori. Gli utili conseguiti dal settore dei telefoni e dei telegrafi consentirono da allora di coprire i disavanzi del settore postale.
La scelta neoliberale
Dagli anni Novanta, anche in Svizzera, ebbe il sopravvento la politica neoliberale e il nostro parlamento nazionale e molti di quelli cantonali proposero la privatizzazione di tutto quanto era redditizio: posta, telecomunicazioni, ferrovie, banche cantonali, ospedali, aziende elettriche. Una politica promossa dalla destra, ma sostanzialmente condivisa da tutte le forze politiche, che si lasciarono convincere che “privato è meglio”. Nel 1997 le Camere federali decisero di separare le PTT. Le telecomunicazioni, redditizie, furono subito trasformate in società anonima e metà delle azioni vendute ai privati. Nel 2023, esse hanno realizzato un utile netto di quasi due miliardi di franchi, di cui la metà è stato versato agli azionisti privati. Il parlamento decise che anche le poste dovevano diventare redditizie. Esse, da sempre realizzavano un disavanzo medio di 500 milioni di franchi all’anno. Visto che le poste erano all’avanguardia da tutti i punti di vista, per pareggiare i conti si rendeva necessaria una forte cura dimagrante. Tre erano le vie: peggiorare le condizioni di lavoro, ridurre la qualità dei servizi offerti alla cittadinanza, aumentare i prezzi delle loro prestazioni. la Posta adottò tutti e tre questi strumenti.
Le bugie
Non è vero quindi che le decisioni adottate dalla Posta in questi quasi trent’anni sono dovuti ai cambiamenti delle abitudini dell’utenza. La posta elettronica e altri mutamenti tecnici hanno portato a cambiamenti di abitudini, ma il motore delle decisioni stava altrove. Parlamento, Consiglio federale, consiglio di amministrazione e direzione, con uno zelo variabile a dipendenza dei momenti e delle persone, hanno promosso una serie di peggioramenti allo scopo di ridurre i costi. Ogni volta, questi era presentati come inevitabili. In realtà si trattava di menzogne puerili. Vediamo qualche esempio:
Gli uffici postali
Il 20 agosto 2012 il Consiglio federale ha adottato un’ordinanza secondo la quale in Svizzera bisognava ridurre il numero degli uffici postali fino al raggiungimento di 127 uffici in tutta la Svizzera (in Ticino 5). Come sappiamo siamo sulla buona strada: nel 1999 avevamo 3476 uffici postali; nel 2023 erano 769. In questi anni sono quindi stati chiusi ben 2707 uffici postali. La Posta afferma che questi uffici sono stati felicemente sostituiti dalle agenzie, ma anche questa affermazione non è vera: negli uffici postali, nel 2022, ci andavano in media 392 utenti al giorno, mentre nelle agenzie soli 42.
Anche sui costi degli uffici la Posta ha mentito. Perfino l’organo di sorveglianza della Posta (Postreg) ha rilevato che i conti sulle perdite degli uffici postali erano contraffatti. Esse erano di molto inferiori a quanto pubblicato!
I pacchi
La distribuzione dei pacchi è in forte aumento ed è molto redditizia. Le nostre autorità hanno però deciso di liberalizzare il mercato, sottraendo in questo modo una parte importante dell’attività Posta.
Le attività dissuasive
La malafede dei responsabili della Posta emerge anche da molte decisioni, quelle che personalmente definisco dissuasive, ossia suscettibili di allontanare gli utenti dai servizi postali. Ecco alcuni esempi: la diminuzione degli orari di apertura degli sportelli, anche nei centri urbani; il non rispetto del termine di 24 ore per la consegna della posta A; la soppressione dell’obbligo di eseguire il recapito nelle case il cui tragitto è superiore ai due minuti (andata e ritorno); il recapito dei pacchi all’entrata dei palazzi e non più dell’appartamento, con evidenti disagi soprattutto per coloro che hanno una mobilità ridotta; l’aumento dei prezzi delle lettere; la diminuzione del numero delle bucalettere e la diminuzione delle svuotature; il costo dei pagamenti effettuai allo sportello. Queste misure dissuasive vengono portate avanti anche nelle recenti comunicazioni dell’attuale dirigenza. Soppressione della distribuzione dei giornali entro le 12.30; distribuzione delle lettere solo un paio di giorni alla settimana, soppressione del pagamento in moneta presso l’autopostale, aumento dei tempi di distribuzione delle lettere e dei pacchi. Tutte misure che confermano il fatto che il peggioramento dei servizi postali non ha nulla a che vedere con i cambiamenti di abitudine dell’utenza, ma si tratta invece di una scelta deliberata delle nostre autorità.
Articolo di Graziano Pestoni, presidente dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico sul ps.ch di ottobre 2024