Ci sono due anomalie svizzere, una delle quali molto nota l’altra meno, che a mio parere richiederebbero un deciso, documentato intervento della sinistra. La prima riguarda il noto tema della gestione privata dell’assicurazione malattia, un’assicurazione sociale fondamentale il cui costo incide in modo importante sul bilancio di molte famiglie. La seconda riguarda la classificazione nella contabilità federale degli investimenti come “spesa corrente”. In questo articolo mi occuperò di questa seconda anomalia, mentre rimando a un altro articolo le mie considerazioni sulla prima. L’art. 126 della Costituzione federale, denominato ‘freno all’indebitamento votato in modo massiccio (85% di sì) dal popolo nel 2001, recita che “l’importo massimo delle uscite totali” di un anno non deve eccedere “le entrate stimate” per quell’anno. Se alla fine le uscite dovessero superare quell’importo, la differenza va recuperata negli anni successivi.
Un principio certamente condivisibile se fosse applicato alla gestione corrente, ma non per gli investimenti che, nella quasi totalità dei Paesi avanzati, sono considerati “spese in conto capitale” e ammortizzati nel corso degli anni. Un aspetto che forse nel 2001, al momento del voto, non è stato percepito da molti votanti. D’altronde quando si afferma che occorre evitare che “le generazioni future vengano gravate da debiti pesanti” bisognerebbe distinguere tra debiti senza contropartita, come sono quelli che deriverebbero da una gestione corrente in deficit, e debiti fatti per realizzare opere come strade, scuole, ospedali, opere di premunizione oppure per l’acquisto di terreni. Altrimenti, tra l’altro, le generazioni più anziane verrebbero (vengono) chiamate a pagare opere in fase di realizzazione delle quali non vedranno mai la fine e delle quali non potranno mai godere i benefici. Aspetti finanziari che “il buon padre di famiglia” conosce molto bene quando investe per costruire una casa e accende una ipoteca che ammortizzerà e, in parte, trasmetterà ai figli con la casa. Come conseguenza di questa anomala politica finanziaria oggi la Confederazione ha un debito pubblico quasi inesistente, pari al 17,8% del prodotto interno lordo, quando vengono considerate finanze pubbliche sane delle finanze dove il rapporto debito pubblico/Pil non supera il 60% (gli Usa hanno un debito pubblico pari al 123% del Pil). Questo eccesso di “zelo finanziario” ha prodotto una immagine della Svizzera come “cassaforte del mondo”, favorendo così l’afflusso di capitali nelle nostre banche e la forza della nostra moneta di riferimento. Una immagine che serve al mondo della finanza, che contribuisce a foraggiare vecchi ricchi e a crearne di nuovi, ma le cui ricadute su una parte significativa della popolazione sono quasi nulle, come dimostra la continua crescita del tasso di povertà in Svizzera (una persona è considerata povera se il suo reddito è inferiore a 2’284 fr./mese), passato negli ultimi 10 anni dal 6,5% all’8% della popolazione e oggi coinvolge 745’000 persone. Per contro “la ripartizione della ricchezza in Svizzera è sempre più diseguale” (cfr. ‘L’evoluzione della ricchezza in Svizzera dal 2003 al 2015’ della Afc).
La pretesa di continuare con la politica che considera gli investimenti come spesa corrente oggi viene messa in crisi anche dall’emergere di quelli che una volta venivano chiamati “debiti occulti”, dovuti a problemi trascurati certamente anche a causa del cosiddetto ‘freno all’indebitamento’. Fanno parte di questi problemi i rischi ambientali dovuti al cambiamento climatico che oramai nessuno (o quasi) più nega e i relativi costi, i problemi sociali (Avs, cassa pensione ecc.) anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, altri problemi sociali legati a una gioventù che sta perdendo il senso di orientamento stretta tra competitività crescente e crisi di valori e l’esplosione dei costi sanitari di cui parlerò, come detto, in un prossimo articolo. Lungi dal cercare i mezzi necessari per affrontare questi problemi la Confederazione piange miseria e fa allestire rapporti, annuncia tagli anche in settori sensibili compresa la socialità e la cultura per rispettare il principio svizzero del “freno all’indebitamento investimenti compresi”. Con la scusa che non sono le entrate (imposte) a diminuire, ma è la spesa che cresce troppo rapidamente. Senza capire che questa crescita ha una ragione sempre più chiara: avere accumulato un importo crescente di “debiti occulti” per volere dare l’immagine di un Paese che non ha “debiti palesi”.
Articolo di Pietro Martinelli, ex Consigliere di Stato PS apparso su laRegione il 16 settembre 2024