A settimane arriveranno le prime fatture Ses per l’energia elettrica 2024, notevole sarà l’aumento del prezzo: siamo ormai a 35 cts/kWh, 50% in più di due anni fa. Sulle opache e sballate speculazioni di Ses (vedi affermazioni dell’ex direttore all’assemblea degli azionisti del 2022), compresa la fregatura Tiacqua, abbiamo già parlato; da rimarcare ora è lo stato problematico della rete di distribuzione, a lungo negletta quando Ses apparteneva a maggioranza ad Atel (diventata Alpiq), pur con partecipazioni nel consiglio d’amministrazione di alcuni Comuni (Locarno in primis).
Ses allora faceva ben poco per la rete di distribuzione, ma tanto per i dividendi. Con la vendita nel 2014 di Ses ai Comuni (70%) e Aet (30%) abbiamo visto aumentare del 50% le tariffe di trasporto e del 25% la tassa base, avendo Ses dovuto iniziare a recuperare il “non fatto” della gestione precedente (impianti obsoleti e in parte fuori norma). Finora diverse centinaia di milioni, con il resto ancor più oneroso che seguirà nei prossimi anni.
C’è da chiedersi se il prezzo che abbiamo pagato ad Alpiq nel 2014 fosse corretto a fronte dello stato della rete e quindi dell’ingente debito occulto rappresentato dagli impianti vetusti da rifare.
Poca trasparenza
Ses continua ad amministrarsi da società anonima a maggioranza privata sebbene non lo sia più. Fra un paio di mesi arriverà ai 35 Comuni comproprietari il rendiconto 2023 e l’invito per l’assemblea che sarà la solita corale approvazione, senza alcuna discussione ma tanto autocompiacimento per gli utili. Ses non pubblica preventivi o consuntivi come per qualsiasi servizio pubblico comunale, ma tiene riservato il rendiconto alla popolazione, cosa che nemmeno Atel faceva: essendo quotata in borsa doveva pubblicarlo. Diciamo che c’era più trasparenza prima, tanto da poter leggere che il direttore costava 480mila franchi/anno e il consiglio d’amministrazione 400mila. Oggi si sa che il Consiglio d’amministrazione, nel frattempo composto in maggioranza da sindaci, probabilmente costa come prima e che Ses versa dividendi straordinari proprio quando aumenta le tariffe. Non viene nemmeno distribuito il verbale dell’assemblea degli azionisti: per poterlo visionare bisogna recarsi in sede a Locarno. L’unico documento pubblicato è il conto di rete (art. 12 Legge approvvigionamento elettrico), tra l’altro con la nota “Il conto di rete non è revisionato”. La pubblicazione dell’Elenco delle commesse (art. 7 cpv. 3 Legge commesse pubbliche) è ferma all’edizione 2020.
Quindi dieci anni di gestione aziendale non trasparente, che non si addice a un servizio pubblico al 100% di proprietà pubblica. Si è passati dalla padella alla brace: strategie aziendali problematiche, aumento di 50 collaboratori, accumulo di 250 milioni di riserve da utili, inoltre da tre anni si aumentano i dividendi e, come detto, c’è un netto aumento delle tariffe per il trasporto e recentemente per l’energia. Un vero salasso per molti, in particolare per chi riscalda con l’elettrico diretto, a suo tempo attivamente promosso da Ses. Molti utenti hanno ripristinato la vecchia stufa a legna o riscaldano solo un locale. Il cittadino consumatore “comproprietario” del servizio di distribuzione, quindi dell’azienda, deve essere in grado di poter verificare la sua gestione, quali siano le spese e soprattutto gli utili e le riserve. Sui consumi di elettricità i Comuni incassano, tra tassa uso suolo pubblico e Fer Comunale, attorno a 100 franchi all’anno per abitante, che Ses con i dividendi ordinari e straordinari e le imposte incrementa ulteriormente! Ma perché mai un servizio pubblico di base, erogato in regime di monopolio, deve generare utili tali da dover pagare imposte? Emblematico il fatto che la Città di Locarno nel 2020 abbia rivalutato del 40% a bilancio il valore delle azioni Ses, operazione da “contabilità alla canna del gas” per abbellire i conti della Città. Infatti Ses non è più quotata in borsa e a fronte del suo debito occulto (vedi stato impianti) anche questa rivalutazione non è giustificata. Rivalutazione calcolata sugli utili e crescita del capitale proprio, frutto delle tariffe elevate ai consumatori. Ricordo però che si tratta di un servizio pubblico, che come l’acqua potabile o la depurazione, non deve produrre utili ma applicare tariffe causali, sufficienti per coprire i costi di gestione e investimenti.
Cambiare politica aziendale
Un quadro generale veramente problematico che andrebbe rivoltato come un calzino, adottando i criteri di trasparenza e buona gestione di un ente pubblico che distribuisce un bene di prima necessità, sia per le economie domestiche che per le attività economiche. Ses diventi un normale servizio pubblico: riduca utili, dividendi, costi per direzione e consiglio d’amministrazione e chiaramente le tariffe ormai tra le più alte del Paese.
Articolo di Bruno Storni, Consigliere nazionale, pubblicato su LaRegione del 10 aprile