Carovita generalizzato, difficoltà accresciuta ad arrivare a fine mese e sfide future (a partire da quelle ambientali) tuttora irrisolte: non poteva inserirsi in un contesto meno propizio la manovra di rientro del governo prevista nel quadro del preventivo 2024. La mobilitazione di piazza è ormai l’unica alternativa che rimane per spingere i partiti di centrodestra a rinunciare ai tagli previste in vari settori. Questi avrebbero infatti conseguenze catastrofiche su più fronti e per molte persone: sono esempi lampanti le più di 6.000 (!) famiglie che ogni mese riceveranno centinaia di franchi in meno di sussidi di cassa malati e gli 11 milioni di franchi sottratti alle strutture senza scopo di lucro che si occupano di sostenere e accompagnare migliaia di persone con disabilità e le loro famiglie. Ma la lista non finisce qui: sono messi in discussione pure i contributi ai centri per giovani con difficoltà, le case anziani, gli ospedali, e molto altro ancora – per un totale di 136 milioni di franchi.
Con il mancato adempimento alle proprie promesse (“il decreto Morisoli non avrà nessun impatto sulle fasce più fragili della popolazione”) e il proprio atteggiamento attendista, i partiti di maggioranza stanno paralizzando lo Stato e la società tutta. Espressione concreta di quest’amministrazione dilettantistica e irresposanbile dello Stato sono il fatto che ad oggi la Commissione della gestione non abbia ancora trovato nessuna convergenza sul Preventivo 2024 e che, prima ancora, il governo abbia violato quanto previsto dalla legge sulla gestione finanziaria dello Stato, perché in piena campagna per le federali non ha voluto esporsi con un preventivo che prevedeva 136 milioni di risparmi. Scendere in piazza non è dunque solo un atto di solidarietà con chi è toccato direttamente dai tagli, ma un segnale a favore del servizio pubblico che non è da ricondurre ad uno schieramento ideologico piuttosto che un altro. Scendere in piazza significa pure denunciare la mancanza di rispetto istituzionale da parte di chi governa di fatto il nostro Cantone. Significa esigere una classe politica responsabile, che non sacrifichi lo Stato di diritto sull’altare di meri calcoli elettorali (passate le federali, le comunali sono infatti dietro l’angolo).
Ma non è finita qui! In un contesto finanziario che non è dei più rosei – e questo lo riconosce anche il fronte progressista – i partiti di maggioranza hanno deciso di fare regali fiscali a chi guadagna più di 30.000 franchi al mese, andando a svuotare ancora di più le casse di un Cantone che ha un urgente bisogno di liquidità per far fronte ai bisogni sempre più numerosi della popolazione, sul corto come sul lungo termine. La riforma fiscale sembra una burla, eppure è l’ennesimo atto di una politica fiscale ed economica ideologica e fallimentare, che negli ultimi anni ha perseguito un obiettivo ben definito: favorire fiscalmente persone e aziende facoltose, riducendo al contempo le spese per le fasce più fragili della popolazione. Risultato? Non solo uno Stato sprovvisto di risorse finanziarie, ma anche un’economia senza valore aggiunto e un territorio martoriato da capannoni abbandonati dopo pochi anni, traffico e dumping salariale. Il nostro bel Ticino è oggi un Cantone senza progettualità, che spinge le persone giovani oltralpe e sottrae sempre più risorse alle persone più fragili. Un Cantone, in definitiva, che mette a repentaglio la propria coesione sociale e così la fiducia nella democrazia. Nulla di più pericoloso.
Invitiamo dunque tutta la popolazione a scendere in piazza sabato 20 gennaio (ritrovo alle ore 14.00 in stazione a Bellinzona) per dare voce alla visione di uno Stato forte, finanziato in maniera solidale e abbastanza robusto per affrontare le sfide del futuro e dare prospettive concrete a chi vive qui.
Articolo di Laura Riget (PS) e Rocco Vitale (Verdi Ticino) e membri del Comitato “Stop ai tagli” apparso su I/Le Naufraghi il 19 gennaio 2024